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Mondiali Junior 2014

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a cura di Ado Gruzza.

 

Repubblica Ceca, Bulgaria, Ungheria.

Questi, in ordine cronologico, gli ultimi miei viaggi fuori dai confini nazionali. Temo che qualcuno, al lavoro, in risposta alla domanda ‘dove vai la settimana prossima’ si sia fatto strane idee, sulla vera natura dei miei viaggi.  Scartando l’ipotesi che io possa essere un nostalgico del Patto di Varsavia.

Ed invece no, viaggio pro Powerlifting.
E la sera, la trasgressione massima è stata fumare un sigaro (massimo Toscanello) davanti alla Hall dell’Hotel, circondato da quei tizi che, di solito, vedi solo su Youtube.

Il guaio è che questo è il mio prototipo di vacanza ideale. La mattina gare, cenare, stracotti e con ancora il magnesio ovunque, senza neanche il tempo di farsi mezza doccia, in ristoranti che in Italia chiuderebbero la sera dell’inaugurazione. Godendosi il dopocena in compagnia degli atleti o degli altri accompagnatori a raccontarsi stronzate fino a che il sonno non arriva. Ognuno ha i suoi gusti, si dice.

 

La cittadina Ungherese dove, dal 2 settembre si sono incontrati i migliori Juniors e Subjuniors AL MONDO, sembra più o meno graziosa. Gente dall’aspetto europeo, e come possono confermare le foto sul profilo Facebook di Andrea Magnaghi, le ragazze sono effettivamente molto carine.
L’esperienza mi dice che, su questo fronte, i nostri atleti non hanno niente, proprio niente di niente da imparare da Russi, Americani, Norvegesi e pure Marziani. Da questo punto di vista i russi siamo noi. Però, ancora non danno medaglie per la conquista delle vallette che premiano gli atleti. Dovrebbero? Forse, però ancora non ne danno.

Allora non ci resta che pensare alle medaglie vere, che, rocambolesche o meno, stavolta sono arrivate. Per chi non è addentro le cose della Federazione, occorre ricordare che la FIPL presenta, ormai da anni, una nazionale Master (over 40 over 50 e over 60 anni di età) molto agguerrita, forte nei risultati e con atleti che hanno una perseveranza e longevità nei risultati forse unica al mondo. Al contrario, non abbiamo mai avuto (che io possa ricordare) una nazionale Juniores, o quanto meno, un gruppo vero e proprio come quest’anno, e come abbozzato lo scorso anno con Carniel, Romani e Fusco. Per cui, un Campionato Mondiale, in cui abbiamo portato 9 atleti, con una presenza in praticamente tutte le categorie, sicuramente è una novità assoluta; e questa novità, l’abbiamo un pelino pagata.

Foto per gentile concessione di Donatella Beretta

 

Abbiamo pure iniziato molto bene. El Boujaoudi Mouhcine, nella categoria 59 kg Junior ha sfruttato l’occasione della vita e bene, perchè oltre al piazzamento minimo che sarebbe servito per il podio ha fatto anche il suo personal best. Poi l’ormai veterana delle pedane nazionali Whelma Pineta, dal Forma Club di Monza, nella categoria 63 kg femminile juniores è riuscita a piazzare il suo miglior squat e il suo miglior stacco da terra. E certaemente fare dei PR in quella pedana non è per nulla facile.

Nicola Degiampietro, nei SubJunior (in pratica ragazzi dai 18 anni in giù) arrivava in pedana conscio di essere il nostro atleta più competitivo e di giocarsi una medaglia davvero importante. Purtroppo la gara è iniziata nel peggiore dei modi. Un nullo in prima alzata di squat. Errore arbitrale, credetemi che non lo dico all’italiana. Gli arbitri si sono sbagliati e questo succede. Quello che succede poi è che Nicola ha perso sicurezza, pur essendo già parecchio teso per il palcoscenico mondiale. L’errore che NON si deve commettere è trasformare un errore arbitrale in un alibi. La china che ha preso la gara è stata poi condizionata da questa partenza ansiogena.

Foto per gentile concessione di IPF photographer

Al TOP livello mondiale, dove si trova Nicola, non si possono perdere alzate per strada.
Di certo, se c’è uno al mondo che so imparerà dall’esperienza è proprio Nicola.
A consolazione una medaglia di bronzo di squat e un oro nello stacco da terra, e il sapere che gli altri hanno avuto forse solo un pizzico di sorte in più, quel giorno.

De Cola ha fatto una bella gara. Anche lui un po’ fregato in terza di squat (per me validi i 260) dalla stessa terna arbitrale (forse non proprio aggiornatissima) ha fatto delle seconde alzate splendide, che ad onor del vero non sono state seguite da una terza alzata valida, come l’ottima preparazione avrebbe potuto fare immaginare. Il miglioramento è impressionante e si vede benissimo: il lavoro del suo coach (Antonio Contenta – S.S. Lazio), ed il suo impegno stanno dando frutti che altrimenti sarebbero completamente impensabili. Ricordo che parliamo di numeri – nelle tre alzate – che un tempo erano nel caricatore di atleti super predisposti geneticamente ed estremamente brevilinei.
Gianluca è un ragazzo di 175 cm, con un fisico equlibratissimo da atletica leggera, tanto per intenderci, e che solleva i pesi di un pilone del rugby di 120 kg. Essendo ottimisti per il pilone.

Andrea Pes ha fatto uno squat ottimo, seguito da un fuorigara di panca. Una panca che sarebbe bastata, in entrata, per una medaglia d’argento nella specialità. Le cose da considerare in queste situazioni sono tante. Da un lato abbiamo la determinazione e la grinta da toro dell’atleta. Atleta classe 1994 che non ha nessun timore di mettersi addosso alcun tipo di carico. La cattiveria agonistica va però sempre mischiata con un pizzico di prudenza e un quintale di saggezza.
Potenza e prudenza spesso non vanno molto d’accordo e questo fa parte delle cose della vita.
Il miglior augurio che posso fare ad Andrea, che è uno dei migliori talenti che abbiamo in Italia (l’ennesimo dell’inesauribile fucina Sarda, che se messa nelle giuste condizioni potrebbe sfornare fenomeni su fenomeni), è sicuramente quello di cercare di capire il ‘perché’ le cose non siano andate come si aspettava.
Un fuorigara, con l’attrezzatura è – ahimè – una possibilità. Quello che conta è cercare di studiare a fondo i motivi della defaillance, senza cercare risposte o alibi in nessun altro se non in sé stessi. Se è successo significa che qualcosa, nella preparazione o nelle aspettative non è andato. A volte si tratta di piccoli particolari.
Però siete agonisti e questo non è Youtube.
In Pes vedo potenzialità che raramente ho visto in altri atleti, davvero raramente. Si rifarà alla grande.

La prima volta che ho guardato George Lupas in volto, mi sembrò di avere davanti uno destinato, al massimo, a svuotare il cestino della carte nel proprio ufficio. Ed invece, dopo non molto più di un anno ci siamo trovati assieme in Ungheria, con io che lo fasciavo e un bilancere caricato per lo squat con 280 kg. Proprio come deve capitare, quando le cose partono per il verso sbagliato, per un’evenienza troppo complicata da spiegare qui, abbiamo dato il via prima che avesse completato l’affondo. Fregandosi un’alzata assolutamente nelle sue corde.
Solo 3 o 4 anni fa nessuno negli 83 kg sollevava questi pesi. Bella gara. Tanto, tanto margine.

Roberto Porta è arrivato alla gara troppo leggero. Qualche problema di stomaco (un virus o qualcosa di sovrapponibile) lo hanno alleggerito tremendamente, arrivando alla competizione a 75 kg (in categoria 83 kg) e non potendogli permettere di esprimere le proprie potenzialità e dare sfogo alla preparazione fatta dal suo allenatore Andrea Magnaghi.
L’attenzione di chi è e vuole essere agonista, tanto più in campo internazionale, deve essere su più fronti. La cura di tutti i particolari è determinante, come si diceva prima.

Giommarresi si è fatto riconoscere per una capigliatura che non avrebbe di certo fatto impazzire di gioia John Wayne. Anche io, senza essere un repubblicano iscritto all’NRA, una spuntatina l’avrei data. In ogni caso ‘Big Hairy’ si aggirava tra gli atleti mondiali con un aria da turista che visita Piazza delle Signorie pensando ‘bello, però mi mangerei un panino da Mc Donald’s.
La gara è stata buona, il risultato solido e, rispetto al panorama Italiano, i carichi consistenti. Parte del merito deve essere senza dubbio condiviso con il coach Gianluca Pisano, sempre nella convinzione che ci sia il potenziale per fare di più. Qui determinazione e impegno giocano il ruolo massimo tra essere un buon atleta ed un grande atleta. Credo sia questo il passo da poter e dover seguire nel prossimo futuro.

 

Fabrizio Posca è stato l’atleta che ha fatto il punteggio Wilks più alto di tutta la squadra Italiana. E per lunghi tratti della gara è stato molto vicino a salire sul podio. Su un podio, intendiamoci, mostruoso! Se non fosse stato per il cedimento della mano destra, con un fantastico 320 kg di stacco da terra, avrebbe passato sia il russo che il norvegese. Una bella soddisfazione giocarsi la partita tra Wolf e Frolov.

Le gare sono così, a volte non gira per pochissimi millimetri e un deciso rammarico per una panca che davvero è stata troppo sofferta. In ogni caso l’escalation dell’atleta si vede ed è quello che più conta e un bel record Italiano Junior e Senior di squat se l’è portato a casa.

Ginomarino Goooga, Supermario Gorga, o in qualunque modo lo speaker di ‘IPF tv’ lo volesse chiamare, senza dubbio è stato l’atleta Italiano più vistoso nel backstage. Tra la sua camminata non confondibile e gli spontanei incitamenti alla squadra Giapponese (con cui è nato uno stranissimo gemellaggio) ha fatto uno squat e una panca eccellenti, migliorando di 30 kg il primo e di 15 la seconda. Carichi davvero degni di nota.
Allo stacco è arrivato con le batterie troppo scariche, e tra qualche difficoltà con un costume da gara e altro, rimane solo l’entrata. Peccato, si poteva collezionare un gran Wilks ed un gran totale.

 

IN CONCLUSIONE
Da coach non sono completamente soddisfatto. Intendiamoci: ogni elemento della squadra maschile ha fatto qualcosa in meno di quello che avrebbe potuto fare. Quelli che si giocavano un posto importante si sono dovuti accontentare di qualcosina in meno.

La mia (moderata) insoddisfazione si è però scontrata, al rientro in Italia, con una soddisfazione generale da parte dei vertici della federazione, dei colleghi, e degli appassionati.

Insomma, alla fine della storia abbiamo messo in piedi una Nazionale, che è arrivata complessivamente tra i primi posti assoluti mondiali, fatta di ragazzi fantastici, che lavorano come sarebbe inimmaginabile per i coetanei da play station, e per questo, non posso che ringraziare:

la Federazione tutta, per aver creduto nel progetto. Dal Presidente, al Segretario al consiglio per intero. Le cose nuove sono sempre difficili da digerire, in tutti i settori e in tutti gli ambiti dell’esistenza.

Antonio Contenta, mio collaboratore, per la passione e la dedizione che ci sta mettendo. E per i risultati che ne escono.

Amerigo Brunetti, perché la sua presenza in pedana è stata indispensabile. E vedere quanto sa gestire la gara di un atleta uno che fino a ieri faceva bodybuilding fa davvero impressione.

Andrea Magnaghi, che oltre ad aver tenuto alta l’immagine dell’Italiano nel mondo, si è fatto l’ennesimo viaggio all’estero.

Tutti gli accompagnatori che sarebbe troppo lungo menzionare.

Un ringraziamento particolare a tutti quelli che ci hanno seguito da casa, davvero tanti. Facendo sentire ancora più importante quello che stavamo facendo. Compresi i TROLL (sostantivo postmoderno che fatico a comprendere del tutto) che hanno inondato lo streaming di robe al limite del sanatorio mentale.
Non ho capito come mai nella gara di Gorga si continuava a parlare di minicani. Pazienza, un giorno, capirò. Forse.

 


Powerlifting for fighters?

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a cura di Luca Valori.

 

Tutte le foto per gentile concessione dell’autore.

 

Luca Valori chi?

Ciao a tutti i lettori, mi presento.
Mi chiamo Luca Valori.
Sono un fighter di MMA.
Faccio parte del Khalid Fight Team del Renbukai Training Center di Cecina (Livorno).
Ho alle spalle due incontri di K1 (uno vinto per KO) e quattro incontri dilettantistici  di MMA nella Legionarius League di Alessio Sakara. Un infortunio mi ha visto rimandare l’esordio da pro nel 2013: tornerò in gabbia il prossimo anno per il mio primo incontro da professionista.
Tutt’ora per le MMA mi alleno fino a 6 volte a settimana.

Fin dalla giovanissima età, mio padre Vittorio (titolare del Renbukai Training Center) mi ha trasmesso la passione per lo sport in generale – ho iniziato a 5 anni a praticare ginnastica artistica – e per quello di contatto in particolare. È con lui che ho indossato i miei primi guantoni (in realtà “guantini”), e sempre con lui ho iniziato il mio percorso nella boxe.

Da sempre ho avuto la fortuna di essere in contatto e di potermi allenare con personaggi di spicco internazionale come Mohamed Atik (grande ex campione di Thai Boxe) e Remco Pardoel, leggenda vivente e pioniere delle MMA).

Waldo Santa Cruz Bravo, ex campione cubano dei pesi massimi di boxe, mi ha allenato dai 13 ai 17 anni, mentre Mikhail Jamal – fighter mma americano del Team Quest e considerato dei lottatori più bravi al mondo – vive lunghi periodi all’anno nel nostro centro dove fa da coach per quanto riguarda la lotta ed il grappling. È il mio principale allenatore di lotta libera e quando è nel nostro centro Io gli faccio da allenatore per la boxe e lo striking,

Barry Robinson (coach di riferimento del pugilato del nostro tempo, con uno stile unico ed innovativo), Vincenzo Maenza (pluricampione olimpico di lotta greco romana ed orgoglio nazionale), Raphael Teixeira (dell’Alliance Jiu jitsu e mio maestro di brazilian jiu jitsu), Ivan Ivanov (ex lottatore greco romanista, coach della nazionale statunitense ed inventore del Suples Training System) e Nikolay Stanchev (con i quali ho lavorato anche per la realizzazione di video didattici): queste alcune delle mie conoscenze.

Ho spesso il piacere di essere compagno di allenamento e sparring partner di Riccardo Lecca, che frequentemente si allena nel nostro centro in preparazione dei suoi matches.
Tra l’altro Riccardo ospiterà me e Amerigo Brunetti nel suo centro Invictus Academy a Roma per un seminario su Forza-ed-Arti-Marziali-Miste a fine Novembre 2014.

Non posso certo scordarmi di Khalid Mahzoum, ex coach della nazionale marocchina di Taekwondo, head coach del nostro team e mio “storico” maestro.

Per più di un mese – e lo dico con grandissimo orgoglio – sono stato anche compagno di allenamento e sparring partner dell’amico e super-atleta Alessio Sakara, aiutandolo ogni giorno sul tatami e dentro il ring in buona parte della sua preparazione, che ha svolto nel nostro centro prima di partire per gli Stati Uniti in vista di un suo match.

L’autore insieme al noto fighter Alessio Sakara

 

E il powerlifting? E’ una passione relativamente recente: da inizio 2013 ho iniziato a dedicarmi anche alle alzate di potenza e recentemente ho avuto l’onore di far parte della nostra Nazionale alla Western European Cup, classificandomi 2° nella categoria -74kg.

 

L’allenamento della forza, tra mma e powerlifting.

Il mio avvicinamento al mondo del Powerlifting è avvenuto circa due anni fa quasi per caso, per curiosità. Mi ero sempre allenato un po’ con i pesi e come tutti credendo di seguire chissà quale scienza.  Come – ahimè! – viene fatto spesso nella preparazione atletica per altri sport, facevo pesi alla “attributo virile” credendo che fosse l’unica maniera per farli.

Ero comunque già fortarello per il mio peso. I miei 170kg di squat e 200kg di stacco (con tecnica discutibile) li avevo ottenuti pesandone 72. Sufficiente per essere più forte di tutti i miei paripeso.

Eppure più andavo avanti e più avvertivo come ci fosse qualcosa di più importante del semplice carico sul bilanciere. Ho sempre sentito la mancanza di un filo logico che fosse alla base della mia preparazione con i pesi, la mancanza di un attenzione al “come” piuttosto che al “quanto”. Negli sport da contatto, ancor più che in altri sport, si tende sempre ad andare molto “a moda” per quanto riguarda la preparazione atletica, senza parametri, senza riscontri oggettivi, credendo che tutto quello che ‘di solito si fa’ sia frutto di chissà quali studi o analisi approfondite.
Anche ad alti livelli si assiste a programmi di “Strength and Conditioning” molto campati in aria, che spesso si basano sulla moda funzionale del momento. Questo è ancor più vero per quanto riguarda la preparazione della forza generale ed il lavoro con il bilanciere.

Quante volte si sente ancora dire “I pesi non servono, ti legano, diventi lento” ed altre frasi simili? Allora via a sollevare per 100 volte sacchi di sabbia, come se non fossero un peso.
Quelle poche volte che il lavoro con sovraccarichi viene inserito, è fatto con ben poca logica: nessun focus su concetti che adesso ritengo fondamentali. Ora che ho una storia da raccontare nel mondo dei pesi, ho capito che le idee davvero indispensabili, davvero determinanti, quelle che davvero fanno la differenza, non le tenevo minimamente in considerazione.  Credo sia un errore che stanno compiendo molti, molti altri come me.

Ed ecco che si vedono spesso serie portate al cedimento con scorciatoie tecniche mostruose, il corpo è schiacciato da un carico che non controlla, nessuna attenzione alle traiettorie e all’essere in spinta, esercizi super rimbalzati con pochissimo peso “per l’esplosività”, orrende imitazioni di alzate olimpiche fatte con pochissimo carico. Ero abituato ad avere una mentalità “scientifica” per quanto riguarda l’allenamento specifico per il mio sport, vedendo la tecnica di esecuzione come uno dei principali strumenti per essere un fighter sempre più efficacie. La stessa attenzione che veniva posta costantemente sul come portare i colpi, sulle combinazioni, sulla gestione del peso corporeo nei takedowns e nelle fasi di grappling al tappeto non la ritrovavo nella preparazione atletica, specialmente per quanto riguarda la preparazione della forza ed il lavoro con il bilanciere.

Poi per caso ho iniziato ad avvicinarmi al mondo del Powerlifting Italiano, leggendo articoli ed entrando in contatto con quelle persone e quelle idee. Beh, mi si è aperto un mondo nuovo.
Ho iniziato a scoprire. A trovare quella logica di fondo, quell’idea di qualità, di cui sentivo la mancanza.

 

Cambio di mentalità: fare mio, passo dopo passo, questo progetto allenante.
Concetti come volume, intensità, distribuzione dei carichi, reclutamento, traiettorie e gestione del corpo hanno iniziato a diventare di primaria importanza. Per divertimento ho partecipato alla mia prima gara di Stacco, durante la quale ho conosciuto il mio attuale Coach Ivano Giusti. Oggi sto proseguendo lungo questo percorso anche grazie al suo fondamentale appoggio.

 

Quindi, domanda: i pesi servono ad un fighter? Che benefici possono dare? Che controindicazioni possono avere?

A queste domande mi sento di rispondere: SICURAMENTE I PESI SERVONO AD UN FIGHTER!
Possono essere MOLTO utili. A patto però che si lavori in un certo modo. Ed è tutto qui il punto.

La forza è una qualità motoria che fa da base e condiziona molte altre capacità e purtroppo non è allenabile pienamente in modo specifico. Per allenarla in modo esaustivo dovrò scontrarmi senza dubbio con l’utilizzo di un bilanciere ed è qui che credo che il mondo degli sport da contatto (così come di tutti gli altri sport dove sia richiesta una componente di forza) dovrebbe guardare al mondo del Powerlifting.

Penso che l’errore più comune che viene fatto quando si parla di pesi in preparazioni atletiche per fighters sia considerarli solo come strumento per aumentare la forza muscolare. Ecco che si fa squat per aumentare la forza delle gambe, la panca per aumentare forza di petto e braccia, ecc…

Mi sembra molto riduttiva come concezione. Sicuramente c’è come componente, sicuramente da quando ho iniziato ad allenarmi seriamente per il Powerlifting i miei muscoli sono diventati più forti, più ipertrofici. Però, più di ogni altra cosa, ciò in cui sento i più grandi miglioramenti è la capacità di “attivarmi” rapidamente e coordinare fra loro più segmenti corporei in modo coerente sotto carico. Anche quando la fatica sopraggiunge.

È questa la qualità principale che credo vada ricercata con l’allenamento con i sovraccarichi ed è questo ciò che realmente serve anche ai fighters. Questa è la base per essere realmente esplosivi ed efficienti, queste sono le qualità che ti porti dietro e che puoi trasferire anche sul ring, nella gabbia o sul tatami, a patto ovviamente di mantenere costante il lavoro su tutte le altre capacità condizionali e il lavoro tecnico specifico del proprio sport (che è certamente la cosa più importante). Tutto questo però si può fare solamente lavorando in una certa ottica secondo me, in un’ottica di “qualità” dell’alzata, spostando l’attenzione dal CARICO sul bilanciere al COME si muove l’atleta sotto quel carico. E questo è difficile, bisogna sapere quello che si fa e quello che bisogna guardare, bisogna avere voglia di investire tempo.
Prima ancora di pensare a quale schema usare, quante ripetizioni a quale percentuale di carico, quante serie, quante sedute a settimana, il bilanciere va visto come uno strumento didattico. Bisogna partire da qui. Certo non è facile e ci vuole tempo e fatica ma questo tipo di lavoro ripaga alla grande.

Personalmente da quando lavoro in questo modo ho sentito una netta differenza.Sono più veloce, più esplosivo, i colpi sono più pesanti, i takedowns più incisivi, sono energeticamente più efficiente.
La differenza di forza in confronto ai miei pari peso è netta ed evidente.

Oltre ad altri atleti, attualmente (assieme a Khalid Mahzoum) seguo il lavoro tecnico e la preparazione in sala pesi di Wadi Tergui,mio compagno di team e fighter professionista di K1 e MMA. Nei suoi programmi utilizzo molto spesso varianti delle alzate fondamentali con fermi lunghi e/o eccentriche lente che obblighino l’atleta a lavorare per togliere quei compensi che la stragrande maggioranza dei fighters mette in atto per rendere le ripetizioni “più esplosive”, ma che in realtà consentono solo di bypassare i punti interessanti ed utili durante l’alzata. I riscontri sono davvero positivi.

Ecco che le Powerlifts possono diventare uno strumento importante nella preparazione di un fighter. Ovviamente senza che tolgano tempo ed energie al lavoro specifico – un lottatore diventa un miglior lottatore lottando, un pugile migliora lavorando sul ring! – ma credo che modulando bene il lavoro complessivo e adattando anche le metodiche di allenamento a seconda del contesto e dell’atleta, si possa davvero trarne grandi benefici. Credo fermamente che il lavoro sulla forza per un fighter debba partire proprio da qui. Dall’imparare a gestire il proprio corpo sotto carico in modo ottimale. Da qui in poi si apre un mondo, da qui si può iniziare a parlare di transfert, ma senza questo primo (e più importante) passo si va ben poco lontano.

Vi voglio lasciare con un esempio di allenamento minimale per lo sviluppo della Forza Massimale (molto simile come principi a quello di alcuni atleti che seguo), che possa essere adatto a chi fa, come prima attività, sport da combattimento.
Attenzione signori, questo è solo un esempio: ogni allenamento deve essere adattato alle attività specifiche del singolo individuo. Ringrazio coach Ado per alcuni spunti tecnici.

 

Lunedì

1. Squat frontale.
Prima ripetizione discesa in 4 secondi.
Seconda ripetizione fermo in basso di 3 secondi.
Terza ripetizione fermo sopra il parallelo di 2 secondi. Cerca il 3MAV*.

2. Panca presa medio stretta con catene.
Prima ripetizione discesa in 4 secondi.
Seconda ripetizione fermo al petto di 3 secondi.
Terza ripetizione fermo 10 cm sopra il petto  2 secondi. Cerca il 3MAV*.

3. Trazioni dorsali presa supina stretta con sovraccarico. Sollevare i primi 5 cm lentamente in ogni ripetizione.
Prima ripetizione salita in 5 secondi.
Seconda ripetizione fermo nel punto di massima flessione di 4 secondi.
Terza ripetizione discesa in 6 secondi. Cerca il 3MAV*.

4. Addominali alla sbarra, ultima ripetizione piedi che toccano la sbarra 8 x 4 serie

 

Giovedì

1. Panca piana 70% 6 x 6 serie

2. Stacco da terra, stile STT**, partenza lenta e accelerazione al passaggio al ginocchio fai 20 singole. Spaziando dal 40% al 85% facendo salti del 5% alla volta, e tornando indietro col carico, fino a raggiungere le 20 ripetizioni singole.

3. Parallele con peso.
Prima ripetizione discesa in 4 secondi.
Seconda ripetizione fermo in basso di 3 secondi.
Terza ripetizione fermo sopra il parallelo di 2 secondi. Cerca il 3MAV*.

4. Kb clean and push jerk pesante 5 x 5 serie.

 

*Per chi non ha dimestichezza con il metodo MAV, basta digitare su google ‘MAV Ado Gruzza’ e dovreste avere parecchie risposte. In sostanza 3MAV significa trovare un peso con cui fare 3ripetizioni senza perdere la dinamica e l’accelerazione costante dell’alzata.

**STT = Stacco da Terra Tecnico.

IDEE PENSIERO IMMAGINI

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Quando l’interiore cura l’esteriore


a cura di Amerigo Brunetti.

 

Tutte le foto: Elis Bonini

 

Sono in cucina, seduto. Decido di alzarmi dalla sedia.
Non posso cadere.
E’ un’azione elementare, familiarissima, facile.

Inizio seriamente a pensare che – ad alti livelli – la “tecnica” sia questione di pensiero, immaginazione. Capacità di visualizzare con assoluta realtà e precisione il movimento che compio.

Riassumere il lavoro di quattro miliardi di sinapsi in un solo nucleo.
Quanto si vede da fuori è in realtà il semplice risultato di un’idea che abbiamo in testa durante l’esecuzione.
Ogni soggetto mette in pratica – in base alle sue proporzioni fisiche, alle leve e alle proprie capacità di attivazione di determinati settori – un’idea di movimento.

Soprattutto se non siamo allenatori, focalizzarsi su come esegue la panca il campione di turno potrebbe non avere senso. Molto più interessante, invece, capire a cosa sta pensando quell’atleta durante il gesto. Ovvero come interpreta il movimento. Cosa visualizza. Quale immagine ha di fronte agli occhi. Non che sia un’immagine necessariamente conscia: molti vi potrebbero rispondere che non pensano a niente, pensano a spingere.
Ma se un atleta di livello chiude gli occhi e si concentra, vede “Lo squat”. Vede “La panca”.
Rivive il movimento.
A cosa ha pensato durante gli allenamenti, a cosa ha pensato quando era piantato di panca e – da un mese all’altro – il suo massimale ha ripreso a salire?

Che forma ha lo squat nella sua testa? Intendo proprio a livello astratto, non le solite regoline: “penso a stare iperesteso, penso a sentire i piedi”.
Queste il campione le va via via perdendo, lasciando spazio, appunto, a quell’unicum: l’idea che lo guida verso la performance estrema.

 


E’ molto difficile che siano state risolte situazioni critiche dicendo semplicemente di chiudere i gomiti o suggerendo di attivare selettivamente il rombiode piuttosto che il trapezio.
Molto difficilmente un campione pensa a sentire il gran dorsale mentre è sotto a 300kg di panca.
Il Testa di Serie ha davanti agli occhi l’essenza sinestetica del muoversi.
Otoliti nella posizione x-y-z, percezioni tattili, pressorie e di temperatura, organi del golgi sirati all’inverosimile o solo blandamente accarezzati, ileo psoas in tensione, immagine riflessa nello specchio, magnesio ruvido nell’aria, guardo il bordo della pedana,  corpetto e cinta strangolano le viscere, la musica vibra, rumore delle fasce che mordono la pelle.
Fusi in un’unica entità.
Niente pensieri collaterali, niente spalle basse o culo indietro. Niente duro con la pancia, niente iperestendi. Niente di niente: solo un’immagine.
A parole impossibile, inafferrabile, inspiegabile, ma precisissima per chi la vive.

Non se ne può parlare concretamente, è un’idea. Ma con gli anni di allenamento la si trova.  A volte insieme, a volte in due. Spesso. E’ a questo che serve l’allenatore. A entrare dentro e vedere cosa e come smuovere. E’ per questo che qualcuno ha detto che i pesi sono un settore molto più “umanistico” che “scientifico”.
Alla fine, per essere un bravo allenatore, è tutta questione di comunicazione.
Capacità di percepire cos’ha in testa il nostro allievo mentre si allena.

I tecnici da tastiera si limitano agli ’”incastrati prima di partire” o “stai verticale col busto”.
Quelli che sfornano campioni forniscono all’atleta gli strumenti per maturare un’idea di movimento sempre più chiara, inossidabile al carico, alla tensione nervosa. Alla paura.

 

Sensazioni, percezioni che si fondono nell’Uno.
Il curare l’esteriore necessita di una rivisitazione dell’interiore.
Gli errori grossolani non possono essere presenti in un contesto del genere: una chiara immagine di fronte ai nostri occhi elimina qualsiasi possibilità di sbavatura. Ed è qui che le sbavature, gli errori visti dal di fuori in realtà non sono errori.
Chi valuta “errore” una schienata con 400kg di squat non sa quel che dice.
Perché chi era lì sotto, sotto quella sbarra, ha visualizzato un movimento e l’ha portato a termine. Alla fine, è questo quel che conta.
Il risultato sportivo concreto – sempre che si gareggi ad armi pari, però! – pesa più di tutto.

La chiave è tutta nel percorso che ci porta fin lì.

L’impostazione tecnica rigida serve, eccome se serve! Ma non rappresenta la sola, assoluta soluzione. Fa parte di quegli strumenti che il coach utilizza per mettere l’atleta sul binario. Da lì si costruisce insieme.

Il bilancere schizza via veloce e deciso solo quando smettiamo di “sentire” i muscoli e passiamo alle idee di movimento. ANNI, ANNI di lavoro costante e durissimo, per arrivare a questo.
Capisco finalmente come devo muovermi quando ho cambiato l’immagine che il mio cervello cataloga come squat, rendendola un qualcosa di indefinibile ma – allo stesso tempo – assolutamente chiara. Chiara a me stesso.

 

L’automatismo di Sheiko è figlio di un’immagine, di un’unica sensazione.
E’ QUELLA che dà fluidità all’alzata, che dà dinamismo nei punti giusti e coerenza assoluta durante l’intera traiettoria.
Perché lo squat è UNA immagine. Una sola.
Non “ora vado indietro col culo, poi chiudo le ginocchia, apro il petto”, e così via.

Ogni “errore” o incongruenza motoria percepibili dal di fuori derivano da immagini poco nitide. Se mi trovo in buca e non so cosa fare, non è solo colpa dei muscoli. E’ perché riesco a vedere. Non so cosa faccio quando sono in basso.

Guardiamoci 100 video dei cinesi. Credo si percepisca chiaramente: l’avere iniziato i pesi da pre-adolescenti ha fatto sì che i movimenti siano per loro ovvi, elementari ed intrinsecamente legati alla loro persona.

 


Chiudiamo gli occhi. Pensiamo ad alzarci in piedi. Ecco, sono sicuro che ognuno di noi vede un’immagine, percepisce l’illuminarsi di una miriade di neuroni in un’indefinibile zona del cervello. L’idea è lì davanti a noi.
Ecco, quando lo squat attiverà un’area della nostra corteccia con questa stessa facilità, con questa stessa nitidezza, con questa stessa precisione… Saremo sul podio europeo.
O mondiale, se qualcuno ha idee meno chiare delle nostre.

 

Simone Sanasi: approccio al mondiale

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A cura di Antonio Contenta.

 

Sanasi stacco

 

 

Sull’onda positiva della brillante gara di Simone Sanasi al recente Mondiale Open Ipf in Lussemburgo – ultima gara completa della stagione agonistica, totale di 810kg nella -83kg (540 punti Wilks) e miglior prestazione maschile della stagione – ho pensato di condividere gli aspetti che ho considerato centrali nello sviluppo del lavoro a medio e lungo termine non solo con lui, ma anche su altri atleti che seguo.
Dei livelli più disparati.

Penso sia anche importante da parte mia e di chi scrive, lavora e collabora con Aif, mantenere un certo equilibrio comunicativo e la consueta onestà intellettuale; in questo caso scrivo, ma normalmente parlo di quello che faccio, di quello che credo, perché questo è quello che nel tempo (spesso non nel brevissimo) mi ha portato a dei risultati che reputo abbastanza soddisfacenti rispetto al potenziale e al momento della carriera del singolo atleta. Risultati più o meno brillanti e più o meno diffusi, non metterò tutti d’accordo di sicuro. Le classifiche sono facilmente consultabili.

 

1) Programmare i Risultati.

Punto uno, che forse non è il punto uno ma sicuramente è un aspetto che ho sempre percepito come sottovalutato nel nostro sport, forse nella nostra dimensione italiana. Mi è sembrato che ci fosse un punto di vista un po’ miope sull’argomento. La tendenza al “tutto-subito” e a spremersi a tutta ogni 3 mesi – nei casi peggiori ogni 3 giorni – credo sia molto correlata all’ansia da prestazione e alla scarsa fiducia nel proprio lavoro, magari anche fondata.

In moltissimi sport di prestazione e soprattutto negli sport meno “episodici”, tutti quelli in cui ci sono poche variabili e l’incidenza del caso è più bassa, c’è una attenta pianificazione dei risultati e dei momenti di forma nella stagione agonistica.

La prima volta che ho sentito parlare di pianificazione dei risultati nel powerlifting è stato a cena a Parma con il C.T. della Norvegia Dietmar Wolf, il quale mi ha spiegato che è solito tracciare le progressioni di sviluppo sul totale delle tre alzate addirittura pluriennali per gli atleti della nazionale, da lui allenati.

Nel piccolo io mi rendevo conto che stavo già avendo un approccio del genere, questo nel concreto si è tradotto in cose forse anche banali: e cioè nel cercare un numero di alzate valide all’interno di una gara quanto più alto possibile a costo di lasciare per strada qualche manciata di kg, di far acquisire confidenza con la pedana e con le alzate a gli atleti, non per forza principianti o digiuni di gare, ma che anzi magari avevano bisogno di spezzare momenti di stallo.

Avere un’ idea razionale e ragionevole dei numeri che si vogliono portare in gara, individuare una gerarchia di priorità delle gare all’interno della stagione in modo tale da valutare quando e quali numeri portare, e da qui (anche da qui) sviluppare un piano di allenamento che punti al totale e non ai singoli personal best di specialità a tutte le gare, soprattutto se parliamo di livelli élite per i parametri italiani.

 

2) Gestione dei carichi pesanti.

I carichi pesanti, per me tutto quello al di sopra dell’85% compreso, sono il mezzo allenante migliore in assoluto in uno sport in cui il fine ultimo è alzare il maggior carico possibile per una ripetizione, perché questi carichi richiedono e innescano meccanismi di attivazione e adattamento quanto più simili al carico che si dovrà sollevare in gara.

I carichi pesanti però hanno secondo me delle grossissime controindicazioni o problematiche. Mi ripeto: per muovere grossi carichi con qualità, dimamismo e senza bypassare i punti critici, sono necessarie alcune condizioni.

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Un’alzata allenante è un alzata che mi lascia quello spazio, quel margine per gestire volontariamente ogni singolo cm della strada percorsa del bilanciere e non mi richiede di alterare l’assetto ideale che dovrò poi avere in gara per dare il REALE 100%. Spesso, se non sempre, alzate testanti e alzate allenati non coincidono.

Per utilizzare sistematicamente certi carichi senza creare interferenze sul movimento, cosa che io ritengo l’arma vincente anche e soprattutto nell’agonismo, è necessario un determinato stato di forma, che a sua volta richiede un dato volume costruito intorno a questi carichi e un dato livello di freschezza fisica e mentale.

Nel momento in cui, per avere contemporaneamente queste circostanze, sono costretto a tenere un atleta a volumi di lavoro bassi e a un livello medio di forma già buono, io credo che utilizzare carichi pesanti possa non essere più prioritario.

Allenarsi è troppo spesso confuso col testarsi, questo bisogno continuo e spasmodico di utilizzare determinati carichi nel tempo ho sempre di più l’impressione che serva di più all’insicurezza che alla forza o a sollevare di più in pedana: il mese, il giorno e l’ora che realmente contano.

Siamo nel 2015 e mi sembra assurdo non porsi nessuna domanda se in pedana si fanno sistematicamente 20 o 30 kg in meno che in palestra. Al netto della chimica e della stupidità.

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3) Gestione dello stato di forma durante la preparazione.

Non sono un fan del volume, del volume fine a se stesso, ci siamo chiesti negl’anni se si potessero fare 3 serie se ne fossero necessarie 5 e quali fossero però i benefici di farne 8 o 10, alla fine del cerchio, o alla fine della fiera come dice Mr.Gruzza, io credo che il volume sia per me – ripeto, per me! – lo strumento per gestire la forma durante l’anno e le varie fasi di preparazione.

Il volume ovviamente è anche manipolabile con la frequenza e non per forza alto volume significa alto numero di serie o alto numero di ripetizioni nella singola seduta.

Il non tenere un atleta in uno stato di forma troppo alto in certi momenti della preparazione può essere alle volte un’arma, per gestire con maggior certezza la fase di picco, e per abbassare, e di molto, il rischio infortunio. Quando parlo di stato di forma non troppo alto, non pensate ad un atleta bollito che si trascina dormiente per la palestra, ma a un atleta che si allena molto, non per forza pesante, per cui non ci sarà un giorno di freschezza totale in cui si sente Dio in terra ma non ci sarà neanche la giornata nera perché due giorni prima ha fatto una tripla al 102,5% cuocendosi il SNC.

Il rischio di infortunio si abbassa perché le tensioni muscolari generate sono meno vicine al limite, perché i carichi richiesti per stimolare saranno in assoluto più bassi rispetto all’1RM ma magari relativamente più allenanti.

Il discorso riguarda un atleta élite come Simone ma ha riguardato anche ragazzi con 100 punti wilks in meno, e sto ritrovando in modo diffuso i benefici di un approccio simile.

Di seguito l’andamento dei totali di Simone dal 2011 ad oggi, tutti totalizzati nella stessa categoria di peso corporeo:

Assoluti 2011 – 720
Coppa Italia 2011 – 742.5
Coppa Italia 2012 – 752.5
Assoluti 2013 – 755
Europeo 2013 – 772.5
————————-
Assoluti 2014 – 767.5
Coppa Italia 2014 – 757.5
Assoluti 2015 – 767.5
Europeo 2015 – 787.5
Coppa Italia 2015 – 762.5
Mondiale 2015 – 810

Dopo la linea tratteggiata risultano le gare in cui Simone è stato allenato da me, proveniva da un periodo tormentato da diversi infortuni, alcuni dei quali anche molto seri. Inizialmente le gare sono state gestite con margine nonostante i totali fossero già in leggera ma sensibile e stabile crescita, una volta che “i giri” sono stati presi si è cercato di puntare a portare la miglior forma possibile alle gare internazionali, purtroppo costretti dai calendari sfavorevoli a non poter dare tutto agli appuntamenti nazionali.

Trovo interessanti questi dati soprattutto perché Simone è un atleta di livello molto alto, quindi “le seghe sulla tecnica” in realtà restano seghe se non si sa o non si ha una minima idea di dove mettere le mani. Simone negli ultimi 6 mesi prima del recente mondiale ha fatto – pendiamo in esempio lo Stacco da Terra – una sola alzata al 92%, nessuna al 90% e pochissime all’85%.
E questo non in una settimana, ma in mesi. L’unica alzata pesante, quella al 92%, è stata fatta durante precedente gara nazionale peraltro.

Secondo la teoria dell’allenamento non si sarebbe neanche allenato con quei carichi, no?

Non ho ancora dati sufficienti per fare statistica, ma io mi inizio a fidare anche dei carichi non pesanti in assoluto, se supportati da un’idea e da una vera conoscenza dei movimenti e un alto rigore in allenamento.

 

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Di seguito, le prime due settimane di programmazione della Fase 1 e le prime due settimane della Fase 2 in preparazione al Mondiale Open. Le % sono riferite al massimale raw se l’esercizio è raw, e al best di gara se l’esercizio è attrezzato.

Preparazione Coppa Italia Fipl 2015 – Mondiale Ipf 2015 Lussemburgo
Sanasi -83kg – SS Lazio PL 1900
Fase 1/4 (Lavoro base, tecnica e condizionamento)
Settimana 1/14

LUNEDI
Squat scarpe piatte   70% 4x4s (allunga la schiena mentre scendi)
Panca Piana   40% 7, 50% 6, 60% 5, 70% 4x4s (stacca in modo da avere sempre le spalle nel giusto punto, lavora sulla simmetria)
Squat scarpe tacco con catene   70% 3x3s
Pettorali   10 8 6
Bicipiti   10 8 6 10
Stretching 10’

MERCOLEDI
Stacco al ginocchio   45% 5, 50% 5, 55% 5 (occhio a usare i piedi e non tirare piano)
Panca presa media doppio fermo rec 2’   55% 4x2s, 65% 3x2s, 75% 2x2s, 70% 3x2s, 60% 4x2s (non appiattirti)
Stacco con catene   40% 3, 50% 3, 60% 3, 70% 2x4s
Dorsali   10 8 6 10
Tricipiti   12 10 8 6
Addome leggero

VENERDI
Panca stretta piedi su   60% 3x4s (scapole e torace)
Squat con fasce   57,5% 5, 67,5% 1, 60% 5, 70% 1, 57,5% 5, 67,5% 1
Panca   80% 2x4s
Spalle Triset   5+7+9x4s
Stretching 10’

SABATO
Stacco classico + Stacco gara deloading   50% 3 + 70% 1 x 4 serie
Pendlay raw (60kg) + Panca deloading   85% 6+3x 4s
Leg ext + Pin squat   50% 8+5x4s
Braccia Addome (pesante)

 

Settimana 2/14
LUNEDI
Squat scarpe piatte 5” down   70% 2x4s
Panca Piana con catene   45% 3, 55% 3, 65% 3, 70% 3x5s
Squat scarpe tacco con catene   60% 3x4s
Stacco gambe tese leggero   8,6,4 carico fisso 1 min rec
Pettorali   10 8 6 12
Bicipiti   10 8 6 10
stretching 10’

MERCOLEDI
Stacco fermo al ginocchio 3” + chiusura, discesa lenta al ginocchio e ancora chiusura   40% 4, 45% 3, 50% 2, 55% 1x3s
Panca presa media doppio fermo   65% 4x6s rec.2′
Stacco con catene   40% 3, 50% 3, 60% 3, 70% 3x4s
Dorsali (full rom)   10 8 6 10
Tricipiti (full rom)   12 10 8 6
Addome leggero

VENERDI
Panca stretta piedi su   50% 5x3s
Pin-Squat piatto   45% 3x5s
Panca deloading   70% 5x3s
Spalle Triset (spinte su panca+alzate laterali+spalla posteriore)   5+7+9x4s
Stretching 10’

SABATO
Squat (attrezzato)   75% 3x3s
Panca deloading   1 mav poi 5 singole col 5% in meno
Stacco deloading   75% 2x4s
Braccia Addome (pesante)

 

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

 

Fase 2di 4 (Lavoro sui gap tecnici, forza specifica, densità)
Settimana 5/14

LUNEDI
Box Squat piatto   60% 5x2s 70% 3x2s 60% 5x2s
Panca Piana mignoli a 81cm board 2cm   55% 5, 65% 4, 75% 4x4s
Squat deloading   75% 3,5,3 + iperestensioni orizzontali 6x3s
Spinte su inclinata ampie+croci ai cavi full rom   6+10x3s
Bicipiti con manubri in piedi   8x3s

MERCOLEDÌ
Pin-Squat bilanciere alto piedi stretti   50% 3,5,7
Panca Piana deloading   80% 2,4,2,4,2,4
Stacco con catene   70% 4x4s + addome rotella 6x4s
Lat machine isolaterale con rotazione dei palmi + pulley gomiti alti   6+8x3s
Tricipiti ai cavi con estensione completa   12 10 8 6

VENERDI
Squat (attrezzato)   75% 3x2s, 85% 2x3s
Panca piedi su   50% 5x3s
Stacco classico a gambe semi tese   50% 5x3s
Tricipiti dietro la testa un braccio per volta leggero   4 serie
Iperestensioni orizzontali   15x2s

SABATO
Squat con fermo in basso 3”   1x6s
Panca Piana (attrezzato)   75% 3x4s
Stacco (attrezzato) deloading   75% 3x2s, 85% 2x2s, 70% 3x2s
Lento in piedi a un braccio   6x5s rec 1 min
Addome alla macchina   21 15 9

 

Settimana 6/14
LUNEDI
Box Squat piatto con catene   70% 3x5s rec 1:30”
Panca Piana 80%   2x7s
Squat (attrezzato) piatto   70% 3x3s + iperestensioni orizzontali 6x3s
Spinte su inclinata ampie+croci ai cavi full rom   6+10x3s
Bicipiti con manubri in piedi   8x3s

MERCOLEDI
Pin-Squat bilanciere alto piedi normali   50% 3,5,7
Panca Piana deloading   70% 3,6,3,6,3
Stacco con catene   70% 2,4,6,4,2 + addome rotella 6x4s
Lat machine isolaterale con rotazione dei palmi + pulley gomiti alti   6+8x3s
Tricipiti ai cavi con estensione completa   12 10 8 6

VENERDI
Squat (attrezzato)   80% 2,5,2
Panca piedi su, mignoli a 81   50% 4x4s
Stacco classico a gambe semi tese   50% 5x3s
Tricipiti dietro la testa un braccio per volta leggero   2 serie
Iperestensioni orizzontali   15x2s

SABATO
Pin-Squat fermo 10cm dalla ripartenza   55% 5, 65% 3x3s
Panca Piana (attrezzato)   80% 2x4s
Stacco (attrezzato) deloading   80% 2x4s
Lento in piedi a un braccio   6x5s rec 1 min
Addome alla macchina   21 15 9

 

Il powerlifting di vertice. Sumner Blaine from USA

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A cura di Amerigo Brunetti.

 

Devo essere sincero: ho sempre avuto una sorta di allergia istintiva verso il mondo dei pesi made in USA.
Bodybuilding in primis, powerlifting poi.
Ma c’è una cosa, nell’incontro di sabato e domenica con Blaine, che mi ha fortemente rassicurato: anche lui mi ha confidato essere fortemente distante dalle logiche dilaganti in America.

Quelle derivanti dal BB, quelle in stile Westside.
“American Powerlifting average level is low. This is also due to the influence of bodybuilding style training, and the Westside system, not suitable for IPF rules”.

 

Sumner

 

Già un anno fa, mentre ero in Texas da Ian Bell, mi ero felicemente reso conto che negli Stati Uniti ci si stava distanziando dalle vecchie logiche. Addirittura lì, dove quelle logiche erano nate e cresciute.

Durante la lezione di Domenica, all’avanzato, sono quello che probabilmente ha preso più appunti. Compulsivamente.
Strano per un docente che invita un ospite del quale dovrebbe già sapere tutto o quasi. Stranissimo per me, assicuro. Solitamente ascolto e stop.
Ma stavolta no. Stavolta sono rimasto assolutamente folgorato dalla somiglianza tra l’approccio di quest’atleta e quella che oggi è la prassi del lavoro AIF.
E allora voglio raccontare cosa ho ascoltato, cercando di fare chiarezza riguardo i grandissimi misunderstanding che riguardano la figura di Blaine. Tecnici e riguardo la programmazione.

Per chi non lo sapesse, spiego brevissimamente chi è questo tizio.
Iniziò adolescente come il più debole della squadra di football per la quale giocava: 1,80m per 63kg scarsi all’età di diciassette anni.

Si allena da solo, nel suo garage.
Si fascia le ginocchia da solo, anche in gara.
Studia e modifica i suoi programmi da solo.

Ventotto anni, oggi. 1,92m per 170kg.
Vicecampione del mondo raw IPF.
Vicecampione del mondo attrezzato IPF.
Detentore del Record del Mondo di totale nella +120: 1002,5kg.

 

1 – “Technique, technique, technique”

Cinque ore – CINQUE ORE – dedicate semplicemente… Alla tecnica.
Ad essere sincero, sebbene fossi conscio del fatto che questo ragazzone si allenasse curando certi dettagli, non pensavo desse tutta questa importanza alla qualità del movimento.
Mi si sono chiariti molti interrogativi che i semplici video su youtube non potevano risolvere.

SQUAT
Secondo Blaine, il movimento più complesso è lo Squat. Non solo per quanto riguarda lui e la sua struttura: lo ritiene il movimento con più variabili da gestire. Per questo ha deciso di dedicare i tre quarti della lezione a questo movimento.
Avendo femore lungo e tibia corta, ha elaborato – negli anni – un movimento a sbarra molto bassa e schiena più inclinata, ovvero posteriorizzando e ponendo enfasi sulla catena cinetica posteriore.
Il bilancere basso è stata inizialmente una necessità dovuta ad un recupero post-infortunio: mettendola alta sentiva dolore in zona lombare. Ha poi provveduto ad abbassarlo ulteriormente in maniera GRADUALE nel tempo.

E’ solito alternare settimanalmente la posizione della sbarra sulla schiena, mantenendo quella bassa (che usa in gara) solamente in UN allenamento a settimana. Nel video vedete la posizione “media”. Quando utilizza il movimento da gara, la abbassa di altri 10 centimetri. Ci ha fatto vedere i segni che gli avevano lasciato i 477,5kg agli utlimi mondiali: ben al di sotto del deltoide posteriore.

Blaine ha imparato a gestire il bilancer ultrabasso senza che questo gli provochi rigidità trovando la sua linea di spinta ottimale. Cerca di manterere la sensazione di peso sulla parte centrale e posteriore del piede, minimizzando la pressione sull’avampiede. Scarpa piatta.

Max raw: 415
Max EQ: 485 agli USAPL Nationals e 455 ai mondiali 2015 in Lussemburgo

 

 

Una pulizia davvero strabiliante.
E’ salito a singole fino a 275kg. Senza ginocchiere. Senza cinta. Scalzo.
La settimana dopo i mondiali.

Dopo i 235, io e Pisano ci siamo guardati: “Questo Squat è perfetto”.
Credetemi: vedere un atleta dal vivo è altra cosa.

 

 

Per la dimostrazione, ha usato un assetto poco forzato (bilancere più alto del solito).
Fateci caso, infatti: soprattutto nell’alzata finale (275), il bilancere perde la sua traiettoria lineare cadendo leggermente avanti

Una posizione del bilancere più bassa rispetto a quella del video (utilizzata appunto in gara e negli allenamenti più pesanti) annulla questa leggera perdita di traiettoria.
Ritengo che l’opzione “bilancere molto basso” sia generalmente ottimale per atleti con femore lungo e busto non eccessivamente corto, o per coloro, come abbiamo visto nel precedente articolo, che possiedono curvature spinali anomale o alterate. Solitamente per chi ha atteggiamenti cifotici, anche se non è il caso di Sumner.

Per gli squat a sbarra media o alta (squat “olimpici”), Blaine non si spinge mai in alto coi carichi.

In risalita, buona parte del focus è riposta nell’infilare il bacino sotto al bilancere al sopraggiungere dello sticking point. Soprattutto con carichi elevati. Blaine sostiene che posteriorizzare il movimento e guidare la traiettoria con femorali e gluteo permetta un maggior controllo della distanza anche-bilancere sul piano sagittale, consentendo di “infilarsi sotto” nel momento opportuno.

Gli ho chiesto se cercasse volontariamente di appoggiarsi col tronco alle cosce, all’avvicinarsi al parallelo.
“I know I do it, it happens”.
In pratica, succede. Non è una manovra che lui forza all’estremo ma si rende conto di farlo.
Questa azione, fondamentale per Blaine e descritta in un articolo precedente, sgrava la sua bassa schiena dal carico durante l’accosciata, rendendo la retroversione del bacino decisamente meno problematica.

Una cosa che trovo interessantissima è il suo essere focalizzato massimamente sulle procedure da gara.
Piccoli movimenti per uscire dal rack, due piccoli passi passi sempre IDENTICI. Nulla è lasciato al caso, viene calcolato al millimetro anche il punto in cui deve percepire il peso sul piede durante un’alzata attrezzata rispetto al movimento raw. Due tra i più forti squattisti gear al mondo (Blaine e Christensen) sono proprio quelli che minimizzano la dispersione di energia durante il walkout.

Si può ben capire che “la tecnica” è qualcosa che va ben al di là dell’avere la schiena drittina e il lombare contratto alla morte.

Qual è il suo limite? “In Equipped, i think my limit is the weight that the bar can handle”.
Tradotto: qualsiasi peso che la sbarra possa reggere.
Ci ha parlato dell'”effetto spaghetti” quando si superano i 470kg. Il bilancere diventa di gomma. Dice.

 

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PANCA PIANA E STACCO

Max panca raw: 240
Max panca EQ: 365 in gara completa e 380 in single lift.

Panca raw e attrezzata. Stringere forte il bilancere prima di iniziare la ripetizione, per poi rilassare la mano durante la discesa. Massimizzare l’incastro scapolare. Un gran lavoro sulla respirazione (ci ha mimato più volte la procedura che adotta in gara).
Sul gear ha sfornato una serie di chicche interessanti: su un super gigante come lui la percezione del lavoro è quasi più sbilanciato sulla parte inferiore del corpo. Le gambe, all’avvicinarsi del bilancere al petto, si sobbarcano circa il 50% dello sforzo.
“In raw powerlifting, ROM is not that important. In gear powerlifting, shorter ROM always means more kilos on the bar. I think you can gain 10-15kg for every centimeter of reduced ROM”.

Stacco. Alterna i due stili, settimanalmente. I suoi massimali nell’uno e nell’altro sono molto simili. A livello tecnico: pretensionamento del bilancere prima di partire (chi ha partecipato al nostro Corso Istruttori ha ben presente di cosa parlo), bacino attaccato al bilancere per tutta la durata dell’alzata, ginocchia fuori durante la fase di ingaggio iniziale.

 

2 – “Mike Tuchscherer opened my mind”

Negli anni della High School e del College, Blaine era solito allenarsi in maniera molto approssimativa. Frequenza settimanale pari a uno (lunedì squat, mercoledì panca, venerdì stacco), circa quattro esercizi complementari di isolamento a seduta. “Bodybuilding style”, lo ha definito.

Ha sottolineato più volte – e penso insistesse volutamente – quanto l’aumento di frequenza allenante (per esercizio) sia stata una fondamentale svolta nel suo modo di vedere le cose, sebbene fosse già a un ottimo livello. Ha grandissima stima di Mike come atleta e preparatore.

 

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Un soggetto già fortissimo tre anni fa è riuscito a migliorare ulteriormente, con una oculata distribuzione dei volumi allenanti durante la settimana. In soli tre anni, facendo riferimento alle alzate raw:
+40kg nello squat (375—>415);
+25kg nella panca (215—>240);
+30kg nello stacco (317,5—>347,5).

A questi livelli, certi miglioramenti sono davvero incredibili.

Ora NON svolge esercizi complementari che siano al di fuori delle varianti degli esercizi base. Neanche il goodmorning in piedi, esercizio a cui è stato particolarmente affezionato e nel quale portò a caso la prestazione record di 275×5. Chili e non libbre.
Sostiene che questa soluzione “minimalista” sia ottimale per chi già possiede un determinato controllo e sviluppo muscolare di certe aree corporee, mentre per gli atleti intermedi e principianti è sensata l’idea di inserire un lavoro leggermente più settoriale.

 

3 – “My training plan is very simple”

GIORNO UNO (Lunedì)

Squat attrezzato   85-90% 1×3 serie

Panca piana, attrezzatura leggera   5×5 serie
RAM o Slignshot

Stacco da Terra con presa snatch   5×3 serie

 

GIORNO DUE (Mercoledì)

Stacco attrezzato   85-90% 1×3 serie

Squat con fermo in basso   5×3 serie

Panca piana dai pin   5×5 serie

 

GIORNO TRE (Venerdì)

Squat raw   80-85% 5×3 serie

Stacco raw   5×3 serie

Panca piana raw, con fermo   5×5

 

GIORNO QUATTRO (Domenica)

Panca piana attrezzata   85-90% 1×3 serie

Squat con sbarra alta o safety bar   5×3 serie

Stacco classico (o sumo, a seconda di cosa ha allenato il mercoledì)   5×3 serie

 

Semplice ma tutt’altro che banale.
I numerosi video in rete, strumento pericolosissimo per farsi l’idea su un atleta, ci avevano indotto a pensare che si allenasse in maniera decisamente meno organizzata, e assolutamente più pesante (come carichi e intensità percepite).

Ora, prendiamo lo Squat e analizziamo la consequenzialità degli stimoli.
Un giorno pesante, attrezzato: il lunedì.
La seduta successiva, drenante a livello di fatica per quanto riguarda quel movimento, inserisce lo squat con fermo in basso. Lavoro leggero e tecnico, per la pulizia del movimento e per imparare a non adagiarsi troppo su quel rimbalzo elastico che lo fa uscire dalla buca.
Giorno TRE, picchia un po’ sul volume per le intensità medio-alte con tre serie da cinque ripetizioni tra l’80 e l’85%. Pesante, ma decisamente meno di quanto ci aspettassimo.
La domenica, squat a bilancere alto e carichi drasticamente ridotti.

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Quindi? Un giorno PESANTE, un giorno LEGGERO con variante, un giorno VOLUME sul gesto gara, e un giorno nuovamente LEGGERO, sempre a carichi moderati.
Le sedute dei giorni due, tre e quattro hanno apparentemente lo stesso volume (5×3 serie), ma è lo STRESSOR principale a fare la differenza. Se il mercoledì faccio Squat con fermo 1″ 60% 5   65% 5   70% 5, la seduta sarà percepita come LEGGERA. Soprattutto se paragonata alle altre giornate.
Se anche i carichi utilizzati fossero più alti di quelli indicati sopra, il fatto di eseguire una variante drenerebbe comunque buona parte dello stress accumulato nella prima – pesante – seduta di squat attrezzato. Stress soprattutto psicologico, mantenendo fresco e reattivo l’atleta.
Ricordiamoci che Blaine è quello che solitamente arriva in gara più in forma di tutti. Più pronto e meno “bollito” dal lavoro accumulato.

Uno che arriva sempre nello stato ottimale quando serve (GARA), è certamente uno che inserisce sedute leggere nella propria programmazione.

Alternanza dei carichi e dello stimolo, inserimento di sedute leggere per lavare la fatica e pulire le linee, lavoro tecnico, impostazione di varianti differenti ma non troppo lontane dall’esercizio di gara, alta frequenza per esercizio.
Tutti i diplomati FIPL conoscono a memoria questi concetti.

Sumner usa ripetizioni più elevate lontano dalla gara, programma in maniera lineare con intensità a salire e volume a decrescere all’avvicinarsi della competizione. Eccetto che per il GEAR: lì utilizza solamente ripetizioni singole, e l’intensità rimane abbastanza elevata per buona parte della preparazione.
Ritengo che su atleti di questo tipo (e che utilizzano attrezzatura molto performante) sia una scelta davvero azzeccata.

A quindici giorni dalla competizione, si allena leggero per tre sedute (lun-mer-ven), e la domenica testa le entrate Mancano quindi 7 giorni. Riposo TOTALE per la seguente settimana, e poi direttamente gara.
No stretching, no allenamento leggero. Niente di niente.

Ora, Blaine ci è sembrato davvero sveglio. Uno dei pochi “big” dai quali si possa imparare veramente, e trarre spunto. Tanta, tanta, tanta attenzione a quei piccoli dettagli su cui ci stiamo concentrando anche noi in Italia.
Un atleta molto più pulito (non solo tecnicamente) di quanto ci si possa aspettare senza averlo conosciuto.
Ripeto, dal vivo fa impressione. Chi ne ha la possibilità, lo vada a conoscere di persona. Si impara molto.

Perché utilizzi le fasce così larghe nello squat?
“When I’ll be able to squat more than 515kg, I’ll wrap my knees harder”.

Ok.

Pianificazione dell’allenamento della Forza

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A cura di Ado Gruzza.

 

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Questa lezione l’ho presentata già almeno 2 volte, forse tre, alla Statale di Milano, nel regno del professor Alberti, dove per lo più sono sempre andato a braccio.
Quest’anno ho avuto il piacere di essere invitato dall’Università di Parma, durante un corso di Fisiologia del professor Gentilucci, e visto che nessuno è profeta in patria ho deciso per la prima volta di prepararmi un PPT decente o quasi decente. Almeno da avere un traccia. Traccia che voglio lasciarvi, visto che mi è stata più volte richiesta al Corso di Roma.

Il Power Point è essenziale e didascalico, però credo possa interessare.

 

Pianificazione dell’allenamento della Forza

 

Re-impostazione tecnica – Sono forte più di quanto sono bravo

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A cura di Antonio Contenta.



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Tutte le foto per gentile concessione di Pierangelo Penati.

 

Ho pensato a questo semplicissimo programma in occasione dell’ultimo corso istruttori di Nuoro, l’idea nasce da un problema/non-problema: capita spesso che i soggetti che già si allenano con le powerlift o che fanno powerlifting senza fini agonistici e/o da autodidatti magari da da un pò di tempo, si rendano conto di dover reimpostare le alzate per i più svariati motivi. Altrettanto spesso il bisogno di re-impostarle è reale.

In questi casi si presenta il “problema” di avere già dei massimali di riferimento rispetto a un principiante assoluto. Il problema reale è come questi massimali possano essere stati eseguiti: piccoli o grandi interventi dello spotter, margini di tolleranza del tutto arbitrari sul regolamento di gara o compensi motori incredibilmente evidenti possono portare il principiante a “tirare” massimali relativamente alti ma talmente poco attendibili del reale livello di forza da trasformare, poi, in una catastrofe anche il miglior programma di allenamento esistente nell’universo. Avere un riferimento sulle alzate che risponde a un regolamento o meno fa tutta la differenza del mondo.

Questo aspetto di mancata uniformità dei parametri sottovalutassimo è davvero molto, molto, molto più ricorrente di quanto non siate portati a credere.

Partendo da queste osservazioni e volendo anche però rispondere concretamente al bisogno di chi si è già speso con il bilanciere con alzate troppo confuse, ho pensato di proporre una semplice progressione che ci possa portare nel giro di 8 settimane a riprendere in mano carichi stimolanti ma possibilmente con movimenti più efficienti e qualitativi.

Specifico che, potendo avere il soggetto direttamente in palestra, procederei anche senza un programma inizialmente definito per filo e per segno. Questo perché l’impostazione delle alzate e la gestione del corpo sotto carico sono per me prerogative assolute di qualsiasi possibilità di programmare un risultato a medio/lungo periodo. Per cui in questa fase ragionare sulle %, in condizioni ideali, potrebbe anche non servire.

Dall’altro lato, però, non avere uno straccio di programma su cui appoggiarsi può risultare “pericoloso” per soggetti poco esperti e poco propensi ad una, razionale, autoregolazione.

Quindi, fatte le dovute premesse del caso, in realtà questo non è un vero e proprio programma per la forza, ma un programma che può mettere in condizione di migliorare tecnicamente nel breve periodo se affrontato con massimo rigore, e se si conoscono le cose giuste su cui operare.

Otto settimane da un punto di vista tecnico sono poche, anzi pochissime, però alle volte la forza è affrontata in modo talmente superficiale che solo giocando sulla frequenza, l’intensità e sulla possibilità di ri-acquisire confidenza con il bilanciere, i soggetti migliorano in modo consistente.

 

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In questa fase l’unico vero stressor è la gestione della ripetizione: il ricercare in ogni singola ripetizione gli accorgimenti di impostazione, respirazione, tempi di alzata, risulterà tassante in modo drammatico per chi non ha già lavorato in questa direzione. Per chi è abituato a fare una ripetizione dopo l’altra, fare una serie da 8  è assolutamente diverso – in termini di impegno richiesto – rispetto al fare 8 distinte ripetizioni spezzate, al di là del carico. Si arriva in fondo alle prime 4 settimane con un allenamento che già possiamo ritenere più stimolante che punta a cercare di gestire un 80% con una tecnica ricostruita. Questa può essere una prima piccola sfida.

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Ovviamente il programma di questo primo blocco è pensato per chi viene da programmi a bassa frequenza molto “tirati”, e spesso la cosa si traduce in massimali davvero esagerati rispetto alla possibilità di gestire qualitativamente i carichi. Le % proposte potrebbero essere arrotondate a leggero rialzo nel caso remotissimo di soggetti più pronti tecnicamente, ma in quel caso forse non sarebbe neanche il programma ideale.

Nel microciclo c’è un progressivo calo del volume o aumento dell’intensità, possiamo considerarla un onda di volume che settimanalmente si ripete con una progressione abbastanza geometrica. Questa cosa non è normalmente presente nei miei programmi per agonisti.

I complementari non sono specificati, e non per mancanza di minuzia ma perché non li ritengo determinanti nelle condizioni in cui ci troviamo se ci stiamo apportando a questo programma. Paradossalmente basta non fare danni e già saranno efficaci.

La gestione dei complementari in questa fase la vedo spostata su esercizi multiarticolari o comunque più complessi di un curl ai cavi, esercizi che impegnano a livello motorio, volti a migliorare le capacità coordinative, gestiti con ampio buffer perché già eseguire tutte e 3 le alzate per 3/4 volte a settimane sarà impegnativo.

 

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In questa seconda fase l’idea è consolidare i miglioramenti e gli accorgimenti tecnici sviluppati nella prima, ed eventualmente avere modo, affrontando carichi più importanti, di constatare se la direzione presa sia quella giusta. In una situazione di “work in progress” continuo come quella che stiamo analizzando ora, l’utilizzo solo e unicamente di carichi bassi o medio-bassi può portare ad acquisire automatismi che poi non sono replicabili a carichi più consistenti.

La scelta del carico fisso all’interno della seduta e lo sviluppo invece in un “ramping-settimanale” di seduta in seduta sono dovuti al fatto che il carico fisso è il miglior strumento a disposizione in questo momento, per acquisire i movimenti.

La gestione dei complementari in queste ultime 4 settimane invece andrebbe spostata più verso un’ottica di recupero attivo, utilizzando esercizi poco tassanti e/o specifici per zone in cui magari si ha difficoltà di attivazione più che reali carenze di forza.

MAT sarebbe il famosissimo MAV che però in questo caso anziché avere nella velocità il parametro centrale ha la Tecnica, certamente un MAV ben eseguito è anche tecnico, però negli anni ho visto che prendere come parametro la velocità sia molto spesso un rischio e possa essere fuorviante con soggetti dalla poca familiarità col bilanciere .

In questo caso, i ramping MAT inseriti in determinati allenamenti possono servire a stimolare il soggetto a livello strettamente neurale, ma anche psicologicamente “andare sù” ogni tanto è utile.
Soprattutto in un momento in cui si bada quasi unicamente all’ impostazione tecnica. In queste sedute non ricercate il PR nei kg ma nella qualità.

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Gestione delle Varianti e dell’allenamento del sabato.

Squat frontale con scarpa con tacco e stance medio stretta per chi tende ad avere uno squat posteriorizzato e schierare l’alzata.

Box-Squat con fermo in basso per chi tende ad avere uno squat verticale, usare la scarpa che non si usa normalmente nello squat delle precedenti sedute.

Panca inclinata per chi ha uno R.O.M. corto sulla panca piana dato da leve particolari o assetto molto favorevole.

Panca declinata per chi ha le leve lunghe e/o non riesce ad avere un assetto particolarmente rilassato per problemi di rigidità dell’alta schiena.

Bodybuilding: 15 minuti di esercizi complementari liberi con range ampi a fine settimana possono accattivare gli appassionati del pompaggio e non creare particolare problemi di recupero tra le sedute. Evitare il cedimento muscolare mi sembra quasi banale da specificare, per soggetti molto rigidi e già con strutture muscolari importanti meglio investire il tempo in stretching statico ed esercizi di mobilità.

In questo programma, le serie di avvicinamento alle serie allenati vanno eseguite con lo stesso numero di ripetizioni della prima serie allenante andando indietro di 10% in 10%.
(Esempio 85% 3x3s sarà -> 45% 3, 55% 3, 65% 3, 75% 3, 85% 3x3s.)

Distribuire le sedute di allenamento

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A cura di Gianluca Pisano.

 

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Partiamo da una semplificazione estrema: più un atleta è bravo e di alto livello, più conviene minimizzare il volume per sessione e aumentare la frequenza (quindi distribuire maggiormente). Minore sono livello ed l’esperienza, più bisogna alzare il volume di lavoro per seduta diminuendo la frequenza (concentrando maggiormente).

Cerchiamo ora di analizzare quanto scritto.

Innanzitutto, la forza espressa non è l’unico parametro adeguato per capire le necessità del soggetto. I kg sollevati non permettono, da soli, di giudicare chi abbiamo di fronte.
Ma non cadiamo in errore.
Non vi sono atleti avanzati che sollevano poco, la tecnica è anche dipendente dal carico. Non si può essere realmente efficienti con poco peso.

Si può però alzare molti kg in maniera non ottimale , e questo non fa del sollevatore un atleta avanzato.

Se un ragazzo solleva come massimale 140kg di stacco e la forma esecutiva è ottima, il ragazzo in questione non è “bravo” in senso assoluto. Semplicemente si autolimita per non sporcare l’alzata, avendo imparato una tecnica corretta. Ma questo non fa di lui un atleta di alto livello.

Contrariamente, se un altro ragazzo solleva 240kg non è detto che sia bravo. Spesso vedo gente forte che non è cosciente di ciò che sta facendo.

Essere “bravi” presuppone quindi una consapevolezza tecnica, una tenuta a pesi massimali e una prestazione di alto livello, maturata negli anni, per quanto questo dato possa differire per ovvie questioni genetiche.

Questi soggetti – appunto, quelli “bravi” – avranno cosi una capacità di attivazione superiore. Saranno in grado di “accendersi” , di creare alti livelli di tensione e di stimolo DECISAMENTE maggiori rispetto ad un principiante.

Questa è un’arma a doppio taglio, nel senso che maggiore capacità di stimolo equivale anche a maggiore possibilità di stress. Per questo nasce la necessità di distribuire il lavoro!

Quando facevo canottaggio, tutti iniziavamo da 3-4 sedute settimanali. Quando diventavi forte (e bravo) le sedute passavano magicamente a 6.
Fino a 10 se entravi nella cerchia degli agonisti in nazionale. Ma non era un premio per il tuo impegno (svegliarsi alle 5 e allenarsi prima di andare a scuola): era una necessità per continuare a migliorare.

Farlo già da quando si è principianti? No. Non conviene. E cerchiamo di capire il perché.

Un principiante ha scarse capacità di attivazione, di stimolo. Non si accende sotto al carico, in pratica. Le capacità di recupero, nonostante i pesi utilizzati siano bassi, risultano inferiori e anche i livelli di stress generati sono contenuti. Quindi distribuire molto l’allenamento comporterebbe tante sedute dal basso impatto. Tante sedute che stimolano poco e niente.

La soluzione ottimale , in questo contesto, è concentrare di più il lavoro in modo da stressare l’organismo e creare livelli di stimolo superiori, dando poi il giusto recupero.

Pensiamo alla pesistica e al metodo bulgaro creato da Abadjiev: molte sessioni giornaliere, tutti i giorni, meno di mezzora cadauna, ciascuna con un esercizio, strettamente specifico, portato a massimale del giorno.

Niente di meno concentrato e più dilazionato. Chi seguiva questo metodo? Atleti che seppur giovani si allenavano già da una decina di anni. Atleti bravissimi e fortissimi, che hanno ottenuto un surplus prestativo grazie a questa idea considerata geniale e folle allo stesso tempo e praticamente mai più ripetuta nella storia con uguali risultati.

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Un principiante assoluto messo a seguire un tale modello, paradossalmente, non stimolerebbe abbastanza. Andando subito a massimale, si avrebbero livelli di tensione molto bassi. Senza contare le problematiche di compensi e la difficoltà di strutturare un movimento corretto, ma questo è un altro argomento. Alzando il volume per sessione si andrebbe ad ottenere un adeguato stimolo, ma a quel punto le capacità di recupero e anche di concentrazione del principiante, verrebbero comprensibilmente meno.

 

N.B. Distribuire non presuppone anche alzare l’intensità o aumentare la specificità, questo voleva solo essere un esempio, un po’ estremo, a sottolineare il discorso.

 

UNA STRADA SENSATA DA SEGUIRE.

Approccio iniziale.
Principiante assoluto/principiante. TRE allenamenti a settimana.

1

  • Squat
  • Panca
  • Complementari

 

2

  • Stacco
  • Panca o altra distensione
  • Complementari

 

3

  • Squat
  • Panca
  • Complementari

 

Tutto il volume settimanale concentrato su 2 squat, 2-3 panche e uno stacco. Di conseguenza un buon numero di serie e ripetizioni per esercizio.

Quarto allenamento (extra) eventualmente aspecifico di condizionalmente generale, uno sport di squadra, nuoto, corsa, ecc…

 

Secondo step.
Principiante/intermedio. QUATTRO allenamenti a settimana.

 

Si aggiunge il

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  • stacco variante o leggero
  • panca variante o leggero
  • complementari

 

Un quinto allenamento eventuale di attività cardiovascolare.

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Step tre.
Livello intermedio/avanzato. CINQUE allenamenti a settimana.

Apro una parentesi, non tutti hanno possibilità di allenarsi cosi tanto. Il powerlifting è uno sport ancora prettamente amatoriale e spesso si vedono atleti di alto livello allenarsi 3-4 volte a settimana. Questo non vuol dire che sia l’ottimale, ma ovviamente il tutto va calibrato in base alle proprie possibilità e allo stile di vita.

 

Si può aggiungere l’allenamento 5 (tra il giorno 1 e il giorno 2)

  • squat variante leggero
  • panca variante
  • complementari/stretching/mobilità

 

Eventuale sesto allenamento che consiste in aerobica e/o tecniche di recupero/sauna a contrasto, massaggi.

 

Step quattro.
Avanzato/élite. SEI o più allenamenti a settimana.

Si aggiunge anche il 6 (tra 3 e 4) oppure o in aggiunta si divide qualche seduta in due allenamenti giornalieri.

Paradossalmente, il volume complessivo a parità di percentuale di carico di un principiante che fa 3 allenamenti a settimana può non essere inferiore di un avanzato che si allena 6 volte. La grossa differenza sarà nella distribuzione di questo volume al fine di stimolare abbastanza, dando possibilità di recupero – nel primo – e stimolare spesso senza stressare eccessivamente nel secondo.

 

 


Panca piana – Ottimizzare il setup toracico nel principiante

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A cura di Gabriele Stefanelli.

 

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Sdraiato su panca orizzontalemani attorno alla zigrinatura di un bilanciere. La barra scende fino al petto e risale. Niente di più semplice in apparenza, niente di più praticato in palestra. Niente di più complesso in realtà.

Chiunque mi stia leggendo avrà fatto quello di cui ho appena parlato decine, centinaia, migliaia di volte.
E altrettante volte ne avrà letto e discusso. Per questo, visto anche il contesto in cui mi trovo con onore a scrivere, una premessa è d’obbligo: oggi non parlerò della panca per il bodybuilder o per il crossfitter, della panca con fini estetici, dell’ipertrofia del fascio X piuttosto che della porzione y, né del fatto che possano esistere alternative alla cara vecchia panca piana per farvi crescere pettorali, autostima e/o entrambi.

Quello che mi interessa fare oggi è fornire una serie di tips e tricks, che vi saranno poi utili per migliorare la gestione del vostro torace nell’alzata stessa. E di conseguenza, in un ottica puramente da lifter, permettervi di sollevare più carico, in gara o in palestra.

Si sente spesso dire che il limite o addirittura la “centralina” maggiormente modulabile del principiante sia la capacità di alzare il petto e di aprirsi letteralmente sotto al bilanciere. Sia in fase eccentrica che, cosa forse ancora più importante, in fase concentrica. Assolutamente giusto, basti pensare che il pettorale, nella sua funzione di adduttore e flessore omerale, riesce a lavorare bene solo fino a quando l’omero rimane ben sotto di lui.
Partendo da questo assunto, risulta subito evidente che più il torace sarà alto, più aumenterà la zona di lavoro del petto, specie dei fasci addominali, quelli più forti. Questo aumenterà ovviamente anche lo stretch reflex del muscolo stesso, cosa di estrema utilità anche quando si lavora con il fermo. Come nel PL.

In parole povere, più sarà alto il punto in cui il bilanciere andrà a toccare il vostro sterno, più cavalli il vostro motore sarà in grado di utilizzare per muovere la barra con la massima forza e velocità ad inizio concentrica. Se poi aggiungiamo anche un ROM ridotto, risulta palese il perché settarsi “chest up“, al massimo delle nostre possibilità, sia uno degli elementi da tenere maggiormente in considerazione nella costruzione graduale del gesto stesso. Da parte di un coach o di un atleta.

 

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Il difficile però è arrivare a questo punto seguendo la giusta strada. Molti altleti, perlopiù inesperti, scambiano l’idea di assetto a petto in su (sarebbe meglio dire aperto) con le contorsioni di Linda Blair ne “L’Esorcista”, cercando di esacerbare in maniera estrema la lordosi lombare, sistemando i piedi a volte anche dietro la linea iliaca dei fianchi.

Ciò viene fatto con la  speranza di mettere il petto in spinta, sfruttare la spinta dei piedi (più conosciuta come  “leg drive”)  e magari guadagnare chili facili.

Ora, a prescindere da considerazioni di tipo salutistico, dato che non ho mai visto nessuno farsi male “archeggiando” in panca, il problema di questo approccio è questo: stressando moltissimo la zona lombare, la parte toracica finirà per forza in secondo piano a livello di controllo motorio. Il malcapitato si ritroverà con la pancia alta ed il petto bassissimo rispetto alle anche. Per cui, ricordate: se vi siete ritrovati nella siffatta descrizione, nel lungo periodo non andrete da nessuna parte.
Piuttosto svilupperete compensi su compensi, specie a livello cervicale e lombare.

Da dove partire allora se vogliamo assicurare continuità ai nostri progressi?
Semplicemente dal “mantra” delle scapole addotte e depresse. Dico “mantra”, perchè oramai anche il più scalcinato e seminalfabetizzato trainer di periferia lo propone ai sui clienti come la panacea di tutti i mali terreni e non.
Ma essendo stato ammantato di una dimensione quasi mistica, pochi vanno oltre e realizzano quanto in questo assioma sia contenuto un mezzo e non un fine: scapole adotte e depresse “PER” e non “tanto per” dovrebbe essere il motto!

Scapole addotte e depresse per proteggere muscoli e tendini della cuffia dei rotatori dal restare schiacciati tra testa dell’omero e acromion.
Scapole addotte e depresse per sviluppare un corretto set-up toracico nella panca piana, aggiungerei io.

Sta qui infatti la chiave di volta di tutto. Se vogliamo arrivare ad aprirci correttamente sotto al bilanciere, prima di pensare ai piedi, agli “archi” e a quant’altro, dobbiamo affrontare questo punto.
Imparare ad addurre e deprimere le scapole sotto un bilanciere carico, con un corretto timing è il dato fondamentale da tenere in considerazone.

Questo perchè non bastano solo pettorali e tricipiti forti per rimanere alti con il  torace, ma si necessita dell’intervento anche dei muscoli della schiena. In primo luogo il gran dorsale, ma anche i fasci bassi del trapezio.
Questi muscoli, specie il dorsale, grazie al loro ruolo di estensori del rachide, sono in grado di limitare la cifosi dorsale, facendovi restare letteralmente sull’attenti anche con 140 chili che vi premono sul petto.

 

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In aggiunta a tutto ciò, un gran dorsale attivo e non passivo, farà rimanere la scapola bassa, permettendo alla spalla di finire maggiormente sotto al bilanciere. Tutto a evidente vantaggio di un vettore di spinta più efficente.

Questa è la ragione per cui le prime volte che un principiante  si approccia alla panca, controllo immediatamente proprio l’attivazione del dorsale, sia in salita che in discesa.
Tutto molto bello ed in apparenza molto facile allora. Se servono dorsali forti ed attivi, diamoci sotto con trazioni, rematori in tutte le salse e diventeremo fortissimi panchisti!

Niente di più falso: il punto chiave della questione è riuscire ad avere una co-contrazione passiva, ovvero non volontaria, della muscolatura dorsale. E per arrivare a questo non ci saranno lat machine ad aiutarvi, a meno di evidenti deficit strutturali.

Nell’esecuzione della panca piana dovrete arrivare ad un punto in cui sentirete il supporto del gran dorsale, quasi fosse una base d’appoggio, per non dire una guida, per i vostri gomiti. Ma questo in maniera assolutamente naturale e non forzata.
Compatti ma rilassati, diceva giustamente qualcuno. Attivare il dorsale deve divenire naturale come respirare.

 

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Ricordo di aver parlato di timing per settarsi nell’alzata, e su questo voglio che non ci siano dubbi.
La panca piana ha una serie di fasi, specialmente per il principiante, che a meno di eccezioni rarissime, vanno rispettate, e che ogni coach di livello conosce bene.

 

PANCA PIANA, LA PRATICA

 

FASE 1 – Posizionamento

 

Sdraiati su panca, talloni leggermente dietro le ginocchia, ma senza esercitare nessuna trazione sui flessori delle anche, psoas in primis. Si afferra il bilanciere, e inizialmente dato che avremo sicuramente una mobilità toracica tutta da costruire, meglio scegliere un’impugnatura più stretta rispeto ai canonici 81 cm, sfruttando così un maggiore allungamento del pettorale in discesa. Barra appoggiata sul carpo e non sulle dita.

 

FASE 2 – Unracking

 

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Facendo una sorta di pullover, si stacca la barra dai fermi. Gomiti assolutamente estesi e bloccati, polsi il più possibile neutri. Evitate di stringere eccessivamente il bilanciere, come se doveste spremerlo o altro.
Il principio dell’irradiazione di cui parlava Pavel nei suoi libri è corretto, ma solo su avanzati. Se non avete già un buon assetto e cercate di fare la marmellata con le godronature del bilanciere, vi metterete in uno stato di tensione globale. Il corpo cercherà di proteggere la zona del collo e dei trapezi, rendendo probabilmente più difficile tutto il lavoro a seguire.

A questo punto state attenti anche a dove tenere il bilanciere rispetto al torace. Più state aperti con il torace, più potrete portarlo verso la gola. Viceversa, più siete “flat”, più sarete costretti a portare il bilanciere verso la pancia, così da  sfruttare al massimo l’effetto tensivo del pettorale in discesa.

Stabilito questo, una volta controllati polsi e gomiti, diventa fondamentale percepire le scapole che si adducono a contatto dello schienale, grazie alla gravità esercitata dal carico.
Se necessario, su soggetti un po’ più muscolari e rigidi, potrà essere utile far flettere maggiormente il polso, come a “dare gas”.
Una volta percepite le vostre scapole, che come due lame si avvicinano, prendere aria dalla bocca portandola nello stomaco. Contemporaneamente è di fondamentale importanza  deprimere le scapole, portandole verso il basso grazie all’azione gran dorsale. Inspirare e deprimere contemporaneamente è necessario in quanto il gran dorsale, muscolo respiratorio, riceve un potenziamento nella sua azione da questa combo.

FASE 3 – Eccentrica

 

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Fate scendere il bilanciere immaginando che, mentre si avvicina al petto, il torace si alzi sempre di più e le scapole vadano sempre più verso il sedere. Questo dovrebbe permettervi di mantenere il costato più alto possibile e le spalle sotto al bilanciere. I gomiti, che sono un po’ la chiave per una discesa corretta, stanno sempre sotto al bilanciere.

Senza forzare nulla: se avete rispettato tutti i punti di cui sopra,ci finiranno da soli in maniera assolutamente naturale. La loro larghezza varia tra 45° e 60° rispetto alle coste, ed anche qui il “quanto aprirlo” dipenderà dalla soggettività anatomica e funzionale del singolo soggetto.
Chi si inarca ed “apre” poco si troverà meglio con i gomiti tucked (stretti), sfruttando soprattutto tricipiti e spalle, mentre chi  “si apre” molto cercherà il petto, avendo un angolo di lavoro molto più vantaggioso.

Per quanto mi riguarda, la prima soluzione dovrebbe sempre rappresentare una transizione temporanea verso la seconda. Evitate, soprattutto negli ultimi cm di discesa, di perdere tensione, finendo in pancia o in gola, anche di poco. La linea di discesa deve essere retta e qualunque oscillazione in avanti o indietro potrà essere fatale con carichi elevati.

Attenti anche alle asimmetrie, con conseguenti rotazioni. Non avete idea di quanto siano penalizzanti!
Se non avete un coach a disposizione filmatevi e siate implacabili con voi stessi in merito.
Un’eccezione – rara ma possibile – a tutto il discorso, può essere data da atleti particolarmente pesanti e con casse toraciche molto sviluppate.

Su di loro, alle volte, puntare tutto sull’aprire il petto verso l’alto in eccentrica può dare feedback negativi. Questo semplicemente perché molti di questi soggetti, pur restando in apparenza piatti a causa della loro conformazione molto spessa, hanno già un settaggio ottimale, e provare ad alzare il petto ancora di più nella parte bassa del movimento non farà altro che allungare eccessivamente la muscolatura, perdendo così tensione nel momento più importante.

 

FASE 4 – Concentrica

 

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Dopo l’arrivo del bilanciere al petto, non dovete spingerlo via frettolosamente da voi, ma piuttosto dovete immaginare di essere voi ad allontanarvi da lui, sprofondando nella panca.
Prima, in basso, sfruttando l’effetto elastico-dinamico dei pettorali, e poi, superando lo sticking point a 10 cm dal petto, infilandovi sotto con i gomiti come  in una sorta di stoccata. Il torace deve restare alto più che mai, ad ogni costo.

Detto così può sembrare semplice, ma credetemi, non lo è affatto.
L’errore più comune in questa fase è quello di anteriorizzare le spalle: un riflesso di protezione che toglie totalmente lavoro al petto,passandolo quasi in toto a queste ultime,con conseguenze dannosissime per l’articolazione stessa, già di per sé molto fragile.
La tipica panca da “palestra”, purtroppo.

Bilanciere che arriva al petto,non si muove,i gomiti si allargano portandolo verso la gola ed il malcapitato chiude il movimento tutto storto con le spalle che per poco non arrivano al soffito. Dolore alle spalle,petto che non cresce e pacca sul groppone di quello “grosso”, con annesso consiglio di passare ai manubri “perché la panca non serve e anche io mi sono fatto male”.
In realtà, basterebbe fare tutto quello che ho descritto sopra,per evitare questo triste epilogo, comune a tanti italici panchisti. Un dorsale attivo impedisce alla spalla di scomporsi sia frontalmente sia verso l’alto.

In certi casi può essere utile dare all’atleta l’input di spingere il bilanciere contro i piedi, non cercando di enfatizzare chissà quale leg drive, così da evitare che i gomiti si aprano troppo verso l’esterno, finendo per mandarvi fuori spinta e procurandovi una bella spremuta fresca a carico dei vostri preziosi sovraspinati.

Importante espirare, sempre a proposito di timing, solo un attimo prima di mettere i gomiti in lock out, quando siete ad un passo dal chiudere l’alzata, e non in maniera troppo netta.
Questo per evitare di indebolire la tenuta del torace, tanto importante in discesa quanto in spinta.

Nella seconda parte andremo a vedere,con tanto di immagini e livelli di difficoltà,alcuni esercizi, sia di mobilità che  con il bilanciere, utilissimi a farvi progredire, nei limiti delle vostre potenzialità, dall’essere dei panchisti “piatti” ad “aperti”.

 

 

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L'articolo Panca piana – Ottimizzare il setup toracico nel principiante sembra essere il primo su AIF - Accademia Italiana della Forza.

Il carico ottimale nel powerlifting

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L’allenamento del powerlifting protratto nel tempo. Periodizzazione dei sovraccarichi.

 

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Siamo alle porte del Corso Istruttori Milano 2016, guardando nell’archivio AIF ritroviamo la dispensa fornita agli iscritti nell’anno 2011. Cinque anni sono un’eternità, in un settore di rapida evoluzione come il nostro. Certe osservazioni rimangono tuttavia attualissime, e continuano a costituire la struttura portante della nostra didattica.

Ecco un estratto.

 

Dispensa Corso Istruttori FIPL 2011

L'articolo Il carico ottimale nel powerlifting sembra essere il primo su AIF - Accademia Italiana della Forza.

INIZIARE COL POWERLIFTING

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Metodo infallibile per chi si approccia al Powerlifting per la prima volta senza essere un vero principiante dell’allenamento.
A cura di Ado Gruzza.

 

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Grazie ai Corsi FIPL e seminari vari ho l’occasione di vedere fare le alzate fondamentali ad un sacco di persone diverse, con strutture, età, predisposizioni (anche mentali) molto diverse.
C’è voluto poco tempo per capire quanto l’errore nelle alzate avesse una relazione molto diretta con le carenze di forza e soprattutto strutturali e di massa in particolare.

Noi tendiamo sempre a cercare la strada più comoda e la soluzione più facile.
Questa predisposizione atavica è utile (anche se detta così sembra non essere del tutto vera per le donne) in termini di sopravvivenza però è piuttosto deleteria quando ci si allena coi sovraccarichi.

Imparare a convivere con la fatica, stare nel punto più faticoso dell’alzata e non sfuggire via da questo (ovviamente compensando) sono, vi garantisco, punti di un importanza fondamentale. Anzi, di più.

Ecco perché la cosa più stupida che possiate fare, approcciandovi al Powerlifting è affidarvi all’istinto e alle sensazioni. L’istinto vi porterà fuori strada, perché l’allenamento della forza è fondamentalmente antintuitivo.
Le sensazioni, tipo dare voti alle alzate o cercare la massima esplosività come autoregolamentazione, all’inizio della vostra carriera, non vanno assolutamente bene. All’inizio bisogna rendere tutto maledettamente semplice e allo stesso tempo bisogna essere maledettamente competenti per riuscire a farlo. Come? Aggiungendo delle complicazioni.

Capisco che possa sembrare un casino. Proviamo a capirci qualcosa.

Meno fate fatica e peggio è, perché state scappando dalla postura perfetta per voi, che è quella allenante, che è quella più, percettivamente, più faticosa.

Più fine come concetto, però della stessa validità: più percepite esplosività più è probabile che stiate strappando l’alzata, byassando il punto complicato (che è sempre quello allenante) attraverso lo spostamento di segmenti articolari e non di attivazione neuromuscolare. Esempio banale: rimbalzate al petto nella Panca piana, rimbalzo e sculata nello Squat, e così via.

Ho infatti tirato il freno a mano nell’esposizione delle logiche MAV quando mi trovo in un contesto didattico e con persone con poca esperienza, perché al di fuori del mondo dei sollevatori esperti la velocità è travisata, diventa la ricerca del risultato sul velocimetro, della strappat. Insomma, può mandare parecchio in confusione chi non ha molta pratica.
Anche se di fatto, in un contesto tecnico ottimale, il concetto starebbe perfettamente in piedi.

La percezione di FATICA (RPE e simili) su uno Stacco da Terra ben fatto, con una coordinazione perfetta caviglia\ginocchia\anche\spalle è almeno 2 volte superiore a quella di uno Stacco da terra tutto stiracchiato di schiena. Esattamente come la percezione di velocità.
In chi non ha automatizzato un movimento più o meno ottimale, come ho scritto già altre volte, questi concetti possono ingannare.

Ancora vedo girare velocimetri e macchine di questo tipo, che non fanno altro che misurare quanto l’atleta stia sollevamento da schifo il bilancere. Cose che, tutt’ora, sono pietra d’angolo dei pesi nella preparazione atletica nazionale.

 

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Insomma, cosa fare? Serve un coach bravo e preparato. Serve formazione e confronto con gli esperti (non sedicenti esperti) di pesi.

Se non ho sotto mano un coach?
Dato per buono che, oggi come oggi, c’è la possibilità di ottenere grandi livelli di formazione senza avere un coach sotto casa: si possono fare coaching con tecnici federali, si può partecipare a giornate di formazione, esistono articoli interessanti e il mondo dell’informazione è mille volte più stimolante di qualche anno fa. E tutto ad un costo molto, molto, molto inferiore del tempo che altrimenti si perde, senza paragonarlo alle spese di ore di Personal Training a vuoto.

Detto questo, se non ho un coach sotto mano, in ogni caso, devo partire da un presupposto logico: quelli che sono i miei limiti sono tutto ciò su cui devo massimamente lavorare. Che sembra banale, però non lo è. Dico che non lo è perché non lo fa nessuno.
Non mi capita praticamente mai di vedere partecipati al Corso Istruttori con un lavoro pregresso sui loro punti deboli. Non per incapacità o pigrizia. Semplicemente perché le persone non sanno individuarli. Manca capacità di anamnesi, manca una formazione diagnostica, volendo sfruttare terminologie mediche.

Non mi attivo? Perdo la postura? Non ho consolidato solida massa magra ed ho alzate ancora meno solide?

Proviamo a strutturare un’idea di programma entro cui possiate costruire solidissime fondamenta ed iniziare immediatamente a crescere.

Partiamo da un presupposto: il finto principiante, cioè quello che si approccia alle alzate fondamentali senza esperienza diretta che però ha già almeno un anno di allenamento in palestra alle spalle, ha caratteristiche diverse dal principiante assoluto. Ci vorrebbe un articolo di 20 pagine per elencarle. Un dato che ci interessa adesso è quello che il finto principiante può permettersi di avere un idea più o meno precisa di quale possa essere il suo massimale. Se non ce l’ha, beh, che si testi.
Testare il massimale (senza voler strafare) diventa utile anche per capire con più chiarezza (qualora ce ne fosse bisogno) cosa succede quando i carichi si alzano, che tipo di reazione ha ai carichi e dove stanno i suoi punti carenti. Diretti ed indiretti.

Abbiamo un’idea di massimale, strutturiamo la base di un programma.

Sappiamo che il principiante progredisce in maniera positiva a stimoli semplici. Per cui:

 

PRIMA FASE

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Questo è lo schema di base delle prime 4 settimane. Schema entro cui costruiremo tutto il resto.

Facciamo una serie da 8 ripetizioni, con un carico via via crescente, per 4 settimane, due volte a settimana.

Per allacciarci al discorso di prima, sappiamo che questa serie ci darà dei feedback, e ne darà tanti. Noi dobbiamo essere così intelligenti da riuscire a coglierli, ed in base a questo COSTRUIRE la logica delle serie successive.

 

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Vi ho portato l’esempio di un ragazzo che ho visto giusto ieri in palestra. Aveva il difetto di buttare avanti le ginocchia (nello Squat) all’inizio della fase concentrica, cioè della risalita.
Un buon esercizio tecnico per lui sarebbe quello di fare una discesa controllata, risalire senza pause in basso (sempre con un controllo perfino accentuato) e fermarsi nel punto di maggior fatica in risalita. Nel suo caso molto presto, appena in uscita dalla buca.
Qui ben 4 secondi di isometrica e una risalita molto aggressiva.
Quindi vi trovereste a fare 67,5% 8 x 1 serie, discesa lenta e fermo isometrico 4 secondi 67,5% 3 x 6 serie. Totale 26 ripetizioni.

Accumulate fatica con ripetizioni alte. Molto importante per chi si avvicina da poco alle alzate.
Raccogliendo tutti i vantaggi delle ripetizioni elevate, tra cui aumentare la rilassatezza sotto carico e sviluppare un automatismo in dinamica.

In più, costruite un solidissimo lavoro tecnico, molto stimolante a livello si CNS (sistema nervoso centrale) e molto molto stimolante a livello ipertrofico, perché in grado di andare a toccare i punti deboli, i colli di bottiglia della nostra attivazione neuromuscolare.
Raggiungiamo e superiamo il grado di fatica del lavoro ad alte ripetizioni, senza andare a corrompere la qualità delle alzate. FANTASTICO.

La settimana successiva stessa cosa. Cioè 70% 8 x 1 serie, poi 3 x 6 serie con una variazione stimolante, sempre relazionata alle problematiche viste nella prima serie.

CONSIGLIO. Per le prime 4 settimane, tenete una variante uguale o molto simile. Ci vuole tempo a migliorare a livello motorio.

 

SECONDA FASE

 

3
Il peso continua a salire in maniera lineare. Da 75% si passa sempre per salti di 2,5% a 77,5% del 1RM. Quello che cambia, e che fa rendere il programma non perfettamente lineare, sta proprio nel passare bruscamente da 8 a 5 ripetizioni. Facendo percepire questo come una sorta di scarico. Abituati a farne 8 le 5 ripetizioni vi sembreranno una passeggiata, almeno da un punto di vista della fatica.

Anche qua, fatta la serie pesante da 5 ripetizioni, costruitevi volume con ripetizioni basse.
Stavolta 2 ripetizioni x almeno 7 serie. Recupero molto breve.
Qui la scelta della variante tecnica dipenderà ancora di più dalla qualità della prima serie. E più si va avanti col programma più nessuno vi vieterà di fare le serie successive senza variante, quindi: 77,% 5,2,2,2,2,2,2,2 recupero breve nelle serie da due ripetizioni.
Elastici e catene non sono ipotesi tecniche da scartare, però occorre essere già belli solidi per trarne davvero vantaggio. Per cui state semplici.
Accentuare il fermo in basso nella Panca Piana, nello Squat e in partenza di Stacco da Terra possono essere le ipotesi più interessanti.
TERZA FASE

 

4
L’ultima parte di questo programma è ovviamente la fase di taper, quella che ci porterà al TEST massimale finale.
Continuiamo con una crescita del carico lineare di 2,5% alla volta, però stavolta il drop delle ripetizioni sarà ancora più accentuato, portandovi a fare 10 alzate singole con l’87,5% alla settimana nove.
Una nota importante: le ultime settimane calate il volume delle alzate fondamentali e anche degli esercizi di assistenza, però non diminuite la frequenza di allenamento in maniera eccessiva. Se vi allenate 3 o 4 volte a settimana, non diminuitela per nulla. Il farlo manda un cattivo segnale al CNS.

In pochi apssaggi avete un programma facile e di sicuro risultato. Per smettere di essere principianti nel minor tempo possibile.

Buon allenamento.

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PESANTE – MEDIO – LEGGERO | Powerlifting dal principiante all’avanzato

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A cura di Gianluca Pisano.

 

Parliamo spesso durante i Corsi Istruttori del metodo pesante – medio – leggero , perché è di semplice comprensione ma allo stesso tempo contiene tutti i fondamentali per programmare un macrociclo di allenamento efficace , ponendo enfasi sui concetti fondamentali della programmazione.

 

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In questo articolo analizzeremo a grandi linee in cosa consiste, per poi vederne due applicazioni pratiche diverse, utilizzate su atleti che ho allenato per i Campionati Italiani attrezzati FIPL 2016: Eleonora Marzadro e Marco Guerretta. Programmazioni che ho ritenuto a posteriori efficaci e che hanno portato a due argenti e un netto miglioramento rispetto all’anno precedente.

 

CARATTERISTICHE GENERALI

 

Il metodo si basa sull’alternanza di allenamenti a diverso impatto percepito. Uno intenso, uno medio e uno leggero. L’allenamento intenso non deve prevedere necessariamente alti carichi, la “difficoltà” può essere data anche da alto volume, minor buffer o varianti che rendono l’esercizio, e quindi la percezione di fatica, maggiore.

L’alternanza consigliata è questa:

leggero – pesante – leggero

medio – leggero – pesante

leggero – medio – leggero

pesante – leggero – medio

 

Quindi TRE allenamenti pesanti, TRE medi e SEI leggeri ogni quattro settimane di allenamento.

Si consiglia di iniziare a programmare con questo metodo facendo risultare TUTTA la seduta di allenamento, nel complesso, o leggera o media o pesante. Ma vedremo anche come e quando invece applicare questa logica sui singoli esercizi e non sull’intero allenamento.

Questa è la versione base che prevede 3 allenamenti a settimana, ma si possono aggiungere altri allenamenti LEGGERI , ogni settimana.

Ad esempio:

leggero – pesante – leggero – leggero

medio – leggero – pesante – leggero

leggero – medio – leggero – leggero

pesante – leggero – medio – leggero

 

CONCETTI IMPORTANTI

 

Questo tipo di programmazione ha due punti di forza molto grossi:

  • L’alternanza degli stimoli, in questo caso carichi e intensità percepita.
  • La possibilità di fare allenamenti leggeri, percepiti facili, che migliorano qualità tecniche e che mettono il corpo in condizione per affrontare gli allenamenti pesanti.

 

Approfondendo il punto uno, ogni programma efficace ha in qualche modo una sua logica di alternanza. Prendiamo come esempio estremo una programmazione Sheiko e noteremo come, seppur a prima vista sembri monotona e ripetitiva, ci sia una forte alternanza nei VOLUMI totali di lavoro. Intesa proprio come numero di alzate settimanali.

Fare sempre la stessa cosa porta inevitabilmente all’omeostasi.

 

PROGRAMMAZIONE DI ELEONORA, 17 SETTIMANE
ALTERNANZA SULL’INTERA SESSIONE DI ALLENAMENTO

Eleonora veniva da SEI settimane di volume abbastanza intenso sul raw, Questo è il foglio Excel che ho creato a priori per pianificare il macrociclo (lungo, in questo caso) prima della gara.

 

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Le celle azzurre sono gli allenamenti leggeri, quelle verdi i medi e quelle rosse i pesanti.

Solitamente nei giorni 1 e 3 vi era più enfasi su Squat e Panca mentre nel giorno 2 sullo Stacco.
Gli allenamenti medi e pesanti erano spesso attrezzati, solitamente attrezzatura da gara per i pesanti e attrezzatura da allenamento nei medi.

In una prima fase di stesura ho semplicemente segnato sul “calendario” gli allenamenti importanti, quelli in cui avrei seguito dal vivo Eleonora, test delle entrate o competizioni intermedie (es. Campionati di Stacco) utili come test.
Il programma l’ho poi scritto aggiornandolo ogni tot settimane in modo da tenere in considerazione i feedback ricevuti. Mantenendomi però sullo schema pesante-medio-leggero scelto in origine.

Potete scaricare il programma QUI.

Prima nota: ho iniziato a dare più enfasi al lavoro complementare in un secondo momento della programmazione, come potete vedere, mentre all’inizio lasciavo libera la scelta. Questo per motivi specifici non rilevanti per questo articolo.

Seconda nota: nel lavoro gear spesso sono indicati i kg e non le percentuali, questo perché mi trovo bene a ragionare in kg, se volete calcolarvi le % relative potete considerare che i massimali della gara precedente al programma erano 175 – 105 – 145 e quelli successivi 180 – 115 – 160 e che poco dopo c’è stato un altro miglioramento di 10 kg sul totale agli Europei di Powerlifting EPF.

 

PROGRAMMAZIONE DI MARCO, 11 SETTIMANE
ALTERNANZA SULL’ESERCIZIO E NON SULLA SEDUTA

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In questo caso ho scelto di alternare l’intensità percepita non sull’intero allenamento ma su ogni esercizio.

Marco accusa in maniera negativa tutta la seduta pesante. Mentre, al contrario di Eleonora, può risultare stanco in Squat ma riposato in Panca. Un po’ come se lo stress accumulato andasse ad interferire più sull’esercizio specifico piuttosto che sul sistema in generale. Quindi l’utilità di tutta una seduta leggera che rigenera viene meno. Anzi, era vissuta dallo stesso come demotivante.

Anche Marco veniva da un mesociclo di volume molto intenso, che lo ha portato a migliorare molto il feeling a pesi medi, soprattutto raw, ma poco finalizzato al carico massimale, soprattutto gear.

In questo caso ho scritto tutte le undici settimane da subito, facendo solo qualche modifica e adattamento in seguito.

Però, a differenza di Eleonora, ho sempre messo dei range di lavoro, precisando che lui avrebbe dovuto utilizzare il peso che, in quella determinata sessione, facesse risultare l’esercizio o leggero, o medio, o pesante. A seconda del giorno.

Questo perché Marco ha un andamento meno calcolabile di Eleonora, alti e bassi meno programmabili. Quindi un allenamento teoricamente pesante poteva risultare medio a seconda di molti fattori, poco prevedibili. Oppure al contrario un allenamento sulla carta leggero poteva diventare medio o pesante.

Lavorando in range di carico e ripetizioni, Marco ha avuto la possibilità di settare l’intensità percepita a seconda della condizione del momento, auto adattando il pesante-medio-leggero

QUI il programma completo.

Prima nota: non tutti gli allenamenti sono specificati. Spesso quando sapevo di vedere Marco ho scritto semplicemente cosa usare e l’allenamento era programmato sul momento. Ad esempio con la maglia da panca da gara.

Seconda nota: il programma è scritto quasi tutto in kg. Non in percentuale. Perché nello scriverlo ho ragionato in kg , come quasi sempre faccio, senza poi riconvertire il tutto in %. Se volete ragionare sulle percentuali potete considerare che i massimali gear della gara precedente erano 282,5 – 205 – 255 e quelli della gara successiva al programma 292,5 – 210 – 260.

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Panca piana – Costruire il movimento passo dopo passo

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A cura di Gabriele Stefanelli.

 

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Eccoci arrivati alla seconda parte di questa miniguida per panchisti raw.

Nella PARTE UNO abbiamo messo sul piatto una moltitudine di informazioni, adesso è il momento di metterle in pratica.
Qui di seguito elencherò una serie di tips, che a cavallo tra del lavoro di mobilità, pre-attivazione e programmazione, potranno essere utili per ottimizzare al meglio il gesto del Bench Press.

La prima cosa necessaria da fare, e questo lo premetto sempre, senza voler fare il “posturologo” della domenica, è un’analisi dell’equilibrio e delle tensioni tra muscoli agonisti ed antagonisti del torace.
Sia su noi stessi che, nel caso, sul soggetto su cui andremo a lavorare.

In persone con evidente atteggiamento cifotico e di conseguenza gran dorsale e pettorale tendenzialmente rigidi ed accorciati, con al contrario extrarotatori dell’omero e adduttori delle scapole, quali deltoide posteriore e romboidei deboli ed ipotonici, avremo un grosso problema già in partenza.
Sarà infatti impossibile, se prima non si ristabilisce un equilibrio in tal senso, sviluppare correttamente molti dei punti di cui ho parlato in precedenza.
Questo a causa di evidenti rigidità muscolari e blocchi articolari connessi.

Ragion per cui se da questi semplicissimi test di mobilità per gran dorsale e pettorale il risultato sarà questo:

 

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piuttosto che questo:

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Beh, prima di mettersi a spancare come dei pazzi dovremo rimettere le cose a posto!

Stretching per pettorali, dorsali ed intrarotatori in genere

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e lavoro muscolare per gli adduttori delle scapole a bilanciare

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In un paio di settimane, con tre sedute per week, si possono fare miracoli. Provare per credere.

Fatto questo possiamo avvicinarci alla nostra amata panca piana.
Ma ancora – so che mi odierete a questo punto – è presto per meritarsi il bilanciere.
Infatti dopo un lavoro di mobilità statica, quando e se necessario, è fondamentale passare ad un lavoro di mobilità dinamica per la zona del torace.

Questo servirà a togliere rigidità residue a livello muscolare e al contempo a sviluppare un’iniziale quanto primitiva propriocezione a livello delle scapole.
Si parte con un pullover su foam roller, al fine di sbloccare più possibile la zona toracica, stirando ulteriormente dentato, gran dorsale e rotondo

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Si va poi ad afferrare un elastico dalla medio-bassa tensione per andare ad eseguire delle dislocazioni delle spalle sul piano frontale dall’alto verso il basso, concentrandosi bene sul sentire un corretto ritmo scapolo-omerale.

Questo servirà a sviluppare una corretta percezione della rotazione che le scapole fanno seguendo l’omero in salita ed in discesa. Gomiti rigorosamente tesi e concentratevi sul “sentire” le scapole sopra ogni altra cosa

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Sviluppare sensibilità in quella zona sarà una delle chiavi di volta per il lavoro che andremo ad impostare in seguito.

In questa fase eviterei, a meno che su soggetti estremamente mobili a livello del rachide dorsale, esercitazioni quali ponti, lay back e simili.
Questo non perché non servano al panchista per migliorare, tutt’altro, ma semplicemente per il fatto che chi avrà rigidità a livello dei muscoli del tronco, finirà inesorabilmente per cercare compensi a livello lombare per eseguirli.

Non tirandoci così fuori nulla, se non dei potenziali fastidi alla schiena.
Lasciamo adesso elastico e foam roller alle signore che fanno pilates e afferriamo un bastone.
Ritengo l’esercizio che andremo a vedere adesso didatticamente una chiave di volta nell’apprendimento di una buona panca. Per cui antenne dritte, mi raccomando.

Afferrando il bastone con una presa analoga a quella che usiamo con il bilanciere, lo porteremo di fronte a noi, all’incirca all’altezza della linea bassa dei capezzoli.
Da qui prenderemo aria nella pancia e con un movimento simile ad una sgassata su una moto da cross, andremo ad addurre e deprimere le scapole utilizzando con decisione il gran dorsale.

 

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Una volta in posizione, la terremo qualche secondo, quasi a sentire il gran dorsale ben serrato, per poi ripetere il movimento 10-15 volte. Fatelo davanti ad uno specchio e se avete asimmentrie cercate di limarle più possibile.
Una volta che vi sarete “raddrizzati”, chiudete gli occhi e cercate di mantenere il set up corretto senza bisogno di vedervi riflessi sulla parete.

Eseguire il movimento anche con una fase attiva di distensione può essere molto utile per chi ha scoliosi o scompensi importanti nel tronco, che rendono poi molto difficile sviluppare una buona omogeneità di spinta.
Cercate di percepire,anche con un carico nullo quale quello del bastone, i gomiti che stanno sotto come se fossero guidati.

Il bastone ha il vantaggio, data l’assenza di carico, di permettere al nostro corpo di fare proprio un movimento in apparenza innaturale come l’adduzione e depressione scapolare, senza sviluppare compensi dovuti al peso e alla fatica che ne consegue. Ma al contempo è evidente che sviluppare una capacità motoria su un piano di lavoro diverso ed in assenza di carico, sebbene un inizio, non sia assolutamente sufficente.

Starà qui a voi o al vostro coach capire se c’è bisogno di passare ad un lavoro di rinforzo dinamico e sotto carico. Questo eseguendo due esercizi eccezionali quanto sottovalutati.

Le scrollate alla sbarra.

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e le loro sorelle al rack con il bilanciere

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Questi due esercizi, grazie al carico del vostro corpo, renderanno i muscoli coinvolti nel movimento forti ed in grado di non collassare, quando messi in tensione nell’esecuzione del pattern in oggetto.

Finalmente adesso possiamo sdraiarci sulla nostra amata panca piana.
Qui non c’è persona a cui io non faccia eseguire una sorta di pre-attivazione, che altro non è che un mix dei due esercizi precedenti.
Il soggetto si posiziona, se possibile, con le gambe in scarico o addirittura distese e stacca il bilanciere con un peso che è circa il 60-70% dell’1RM.

A questo punto,dopo aver settato bene polsi e scapole, va ad inspirare e contemporaneamente ad addurre e deprimere, cercando di alzare più possibile il petto verso la sbarra.
La contrazione statica che si andrà a creare viene mantenuta almeno 10 secondi per 5-6 volte.

 

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Utilissimo, a livello sensoriale, che il coach a questo punto vada a mettere le mani nei pressi dell’inserzione bassa del gran dorsale del soggetto. Questo per verificare la corretta tensione della zona e permettere alla persona di sviluppare una corretta percezione di quell’area durante il gesto.

Credetemi. Ho visto persone, che letteralmente si chiudevano a riccio sotto al bilanciere, imparare in poco tempo a stare chest up con questa variante. Credo che la spiegazione di ciò sia che le contrazioni statiche in certi casi, scorporando un movimento dall’interno, rendano più semplice l’apprendimento motorio di determinati gesti complessi, attraverso un’inibizione dei meccanismi di protezione del nostro corpo.

Penso infatti che il più grande errore che si possa fare dinanzi ad un gesto tecnico corrotto sia quello di mettere ancora di più un soggetto in difficoltà e proprio magari in quel determinato punto dell’alzata. Perché se alziamo mura più alte, il nostro corpo cercherà scappatoie e non di certo soluzioni.

Passiamo adesso alla prima variante dell’esercizio stesso.
Variante che dà veramente grandi risultati, se si è seguito tutto il Filo di Arianna che ci ha portati fino a qui. Si tratta di eseguire delle normali distensioni su panca, all’interno di un rack o comunque di una struttura provvista di fermi di sicurezza laterali.

La prima volta che il soggetto le eseguirà, imposteremo i fermi ad un’altezza per cui egli riuscirà con fatica, pur alzando il petto al massimo, a non farci poggiare sopra il bilanciere. Gli faremo fare 3-4 secondi di fermo al petto in questa posizione per 4-5 ripetizioni e per altrettanti set.
Negli allenamenti successivi lo scopo non sarà quello di creare un sovraccarico, ma semplicemente di riuscire via via ad alzare i fermi, senza che al momento del contatto con il petto il bilanciere vada a toccarli.

Un’altra variante molto interessante, ma un pò più impegnativa, consiste nell’eseguire un doppio fermo in discesa. Il primo a circa 2cm dal petto ed il secondo quando la persona, su preciso input esterno, va poi a cercare e toccare il bilanciere, rimasto nel frattempo nella stessa posizione.
Fermi di circa 3 secondi, carichi bassi intorno al 50% e massimo rigore esecutivo.
Deve essere il petto a salire e non il bilanciere a scendere, prima che si vada ad effettuare la distensione.

 

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In queste esercitazioni mettete da parte l’ego per quando servirà davvero.
Su atleti particolarmente “recidivi” può dare ottimi feedback utilizzare degli elastici in deloading.
In questo caso proprio per rendere più leggero il bilanciere man mano che si avvicina alla cassa toracica ed evitare al SNC della persona feedback troppo destabilizzanti da parte del carico e della fatica muscolare che ne consegue.

Adesso, svolti tutti i compiti a casa, dovremmo avere un soggetto che padroneggia alla perfezione il proprio torace sotto al bilanciere.
Cosa possiamo fare per migliorare ulteriormente, specie in ottica agonistica, il nostro set up?

Molto semplicemente ora e SOLTANTO ORA si potrà andare a lavorare sul potenziare la mobilità del rachide a livello lombare. Questo perché essendo il soggetto a questo punto già in spinta con il torace, dovremo guadagnare qualche ulteriore cm di perpendicolarità dei fasci del pettorale rispetto alla panca. La conseguente migliore attivazione di questi ultimi, assieme alla riduzione del ROM in concentrica, sarà fondamentale in ottica prestazionale.

Ben vengano a questo punto i vari ponti, lay back o addirittura l’utilizzo di spessori sotto la bassa schiena durante l’esecuzione di qualche serie leggera, se servono allo scopo.
Trovate la soluzione più adatta a voi, quella in cui non sentite dolori strani o tensioni eccessive sul rachide e lavorateci. Oramai tanto il grosso del lavoro è stato fatto.

Buona panca a tutti!

 

 

 

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Scarpe da Powerlifting: la guida

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La scelta di una scarpa che sia confortevole, stabile e non comprimibile è fondamentale per consentire all’atleta la migliore prestazione sportiva in qualsiasi espressione di forza.
Da SquatPancaStacco a Clean&JerkSnatch.
Da PowerliftingWeightliftingCrossfit.

 

Blaine Vanilla Gorilla

 

Tale scelta deve essere ancora più oculata e mirata nel momento in cui si riconosce come ad ogni gesto atletico e ad ogni impostazione tecnica corrisponda una calzatura ottimale.

Nella seguente guida descriveremo sinteticamente le scarpe più diffuse, ponendo l’attenzione su pregi e difetti.

 

 

SQUAT E PANCA

 

NIKE ROMALEOS 2.0

Nike Romaleos 2.0

Top di gamma casa Nike, le Romaleos abbinano qualità a design.

Disponibili in diversi colori, si caratterizzano per uno stile semplice ma d’impatto, tipico di casa Nike.

Nella parte anteriore presentano 3 valvole di “respirazione” per lato, poste per sopperire allo spesso rivestimento in pelle sintetica della parte superiore, poco traspirante. Tuttavia, tali valvole risultano comunque poco efficaci.

Sono presenti due strappi multidirezionali, così da bloccare il piede all’interno del suo alloggio, garantendo la massima stabilità.

La suola presenta un tacco netto di 1,9 cm in TPU, materiale leggero ed estremamente resistente.

All’interno del box in cui riceverete le vostre Nike saranno presenti delle solette, dette “da competizione”.  A differenza delle solette da allenamento, già presenti all’interno della scarpa nel momento dell’acquisto, le solette da competizione, più dure, accentuano sensibilmente l’arco plantare, aumentando di pochi mm il tacco.

La soletta da competizione non è per tutti, e ai primi utilizzi potrebbe risultare particolarmente scomoda: le Romaleos sono consigliate per chi preferisce un tacco ed un arco più “aggressivo”, sconsigliate per chi preferisce una scarpa con caratteristiche intermedie tra quelle delle scarpe a suola piatta e quelle delle scarpe con tacco più pronunciato.

A differenza delle loro dirette rivali, le Adidas Adipower, presentano una suola larga, adatta dunque per tutti i tipi di pianta.

Non molto flessibili nella parte anteriore, rigide nella parte posteriore, sono ottime scarpe sia per lo squat che per il C&J e lo strappo. Meno per il crossfit, a causa della loro rigidità e del loro peso.

Pregi:

  • Design
  • Estrema stabilità
  • Qualità dei materiali

Difetti:

  • Costo (circa 200 euro)
  • Peso (circa 450 gr)
  • Arco plantare per alcuni eccessivo

Consigliate per:

  • Squat
  • Panca
  • C&J e strappo

Dove acquistarle: QUI

 

 

ADIDAS ADIPOWER

Adidas Adipower

Dirette concorrenti delle Romaleos, le Adipower, al prezzo di 175 euro, si collocano nella stessa fascia di mercato.

A differenza delle Romaleos, sono disponibili al momento solo in due colori ( bianche e grigie, nere e rosse).

Presentano aperture nella suola e lungo la superficie anteriore per garantire una temperatura ottimale e massima traspirabilità. Tuttavia, così come per le Romaleos, il risultato è ben lontano dalle premesse.

Lo strappo posto nella parte superiore e la suola stretta assicurano elevata stabilità. Tuttavia, a causa della suola, non sono consigliate per chi ha una pianta del piede molto larga.

La suola presenta un tacco netto di 1,9 cm in TPU, come le  rivali di casa Nike, anche se risultano decisamente molto più confortevoli. L’arco plantare  infatti non è esasperato  e la suola risulta dunque molto meno invadente rispetto a quella di casa Nike.

Il “Torsion system” garantisce flessibilità alla parte anteriore della suola, rendendola dunque perfetta per C&J e strappo. Bisogna ricordare che queste sono scarpe pensate appositamente per il weightlifting, e sebbene siano ottime anche per il powerlifting  (in particolare per squat e panca), non sono particolarmente consigliate per il Crossfit, a causa del loro peso e della rigidità del tacco, che le rendono poco confortevoli durante la corsa o  durante gli scatti.

Pregi:

  • Confort
  • Estrema stabilità
  • Flessibilità nella zona anteriore

Difetti:

  • Costo (circa 175 euro)
  • Larghezza della suola
  • Peso (circa 500 gr)

Consigliate per:

  • Squat
  • -Panca
  • -C&J e strappo

Dove acquistarle: QUI

 

 

SABO POWERLIFT

Sabo Powerlift

Alternativa economica alle Romaleos e alle Adipower (al momento il prezzo di vendita è di 95 euro), le Sabo Powerlift, scarpe di produzione russa, sanno comunque farsi valere.

Pensate appositamente per il powerlifting, le Sabo Powerlift presentano un tacco netto di 1,95 cm, costituito da polimeri plastici che rendono il tacco leggero e allo stesso tempo resistente alla pressione.

La suola è perfetta per chi ha una pianta del piede abbastanza larga, ma grazie ai due strappi multidirezionali risultano stabili e confortevoli anche per un piede più stretto.

L’arco plantare, come nelle Adipower, non è esasperato,  garantendo così buoni livelli di confort.

Unica pecca di queste scarpe è la flessibilità della parte anteriore: non essendo state progettate appositamente per il Weightlifting, la parte anteriore non risulta essere flessibile come quella delle Adipower o delle Romaleos, e quindi non risultano particolarmente indicate per Crossfit o Weightlifting.

Tuttavia, il rapporto qualità-prezzo rimane comunque eccellente.

Pregi:

  • Rapporto qualità-prezzo
  • Confort
  • Estrema stabilità

Difetti:

  • Peso
  • Rigidità della parte anteriore

Consigliate per:

  • Squat
  • Panca

Dove poterle acquistare: QUI

 

 

SABO WEIGHTLIFT

Sabo Weightlift

Cugine delle Sabo Powerlift, le Sabo Weighlift presentano un unico strappo, che tuttavia assicura massima stabilità al piede.

Anche le Sabo weightlift, come le Sabo Powerlift, presentano un tacco netto di 1,95 cm, costituito da polimeri plastici che rendono il tacco leggero e allo stesso tempo resistente alla pressione.

Nonostante ciò, l’arco plantare delle Sabo Weightlift risulta essere più accentuato di quello delle Powerlift, essendo scarpe pensate appositamente per il Weightlifting. Costituiscono comunque una valida alternativa alle Sabo Powerlift anche per il powerlifting:  consiglierei ai powerlifters indecisi fra i due modelli, di scegliere unicamente in base al colore (nero e rosso per le Powerlift, bianco, nero e rosso per le Weightlift).

Anche in questo caso il rapporto qualità-prezzo rimane il punto di forza di casa Sabo, garantendo qualità e durabilità per tutte le tasche.

Pregi:

  • Rapporto qualità-prezzo
  • Confort
  • Estrema stabilità

Difetti:

  • Peso
  • Rigidità della parte anteriore

Consigliate per:

  • Squat
  • Panca
  • C&J e strappo

Dove poterle acquistare: QUI

 

SABO WINNER

Sabo Winner

Vintage e qualità.

Sono sufficienti solo due parole per descrivere le Sabo Winner.

Tacco rigido in legno di 1,9 cm, che assicura massima resistenza al carico, cuoio e scamosciato: revival di scarpe che nel sollevamento pesi hanno fatto la storia, come le Adistar 1992.

Come tutte le scarpe di casa Sabo, la suola è perfetta per chi ha una pianta del piede abbastanza larga, ma grazie allo strap  risultano stabili e confortevoli anche per un piede più stretto.

Unica pecca di queste scarpe è la flessibilità della parte anteriore: non essendo state progettate appositamente per il Weightlifting, la parte anteriore non risulta essere flessibile come quella delle Adipower o delle Romaleos. Non sono dunque consigliate né per il Weightlifting né per il Crossfit.

Tuttavia, il rapporto qualità-prezzo, con un occhio all’estetica,  rimane comunque eccellente.

Pregi:

  • Rapporto qualità-prezzo (€ 115.90)
  • Confort
  • Estrema stabilità
  • Qualità dei materiali
  • Estetica

Difetti:

  • Peso
  • Rigidità della parte anteriore

Consigliate per:

  • Squat
  • Panca

Dove poterle acquistare: QUI

 

 

ADIDAS POWERLIFT 2.0

Adidas powerlift 2.0

Le “piccole” di casa Adidas si collocano nella fascia di mercato inferiore a quella delle Adipower, con un costo di 90 euro.

Presentano aperture nella suola e lungo la superficie anteriore per garantire una temperatura ottimale e massima traspirabilità. Tuttavia, così come per le Adipower, il risultato è ben lontano dalle premesse.

Lo strappo posto nella parte superiore e la suola stretta assicurano elevata stabilità. Tuttavia, a causa della suola, non sono consigliate per chi ha una pianta del piede molto larga.

La suola presenta un tacco netto di 1,5 cm, decisamente più basso delle Adipower, andando incontro dunque anche alle esigenze dei powerlifters con squat low-bar.

Il tacco è costituito da Etilene Vinil Acetato (EVA), e non in TPU, e dunque risulta, sebbene in parte, comprimibile.

La suola risulta essere estremamente poco flessibile: le Powerlift 2.0 non fanno del confort il loro punto di forza. A causa di questa rigidità sono sconsigliate sia per il Weightlifting che per il Crossfit.

Pregi:

  • Estrema stabilità
  • Prezzo

Difetti:

  • Larghezza della suola
  • Peso
  • Poco confortevoli
  • Estremamente rigide

Consigliate per:

  • Squat
  • Panca

Dove acquistarle: QUI

 

 

STACCO DA TERRA

 

SABO DEADLIFT

Sabo Deadlift

Cavallo di battaglia di casa Sabo, le Sabo Deadlift , come possiamo evincere dal nome, sono state studiate appositamente per lo Stacco da terra, anche se non sfigurano come scarpe da squat per chi preferisce una suola piatta.

La suola, spessa fra i 2 e i 5 mm, è molto sottile, riducendo così al massimo la distanza dell’atleta dal bilanciere nei movimenti di tirata, ed è ultra-rigida, permettendo così di imprimere la massima energia.

Questa inoltre è costituita da materiali ultra-aderenti e presenta un supporto laterale in grado di eliminare qualsiasi slittamento laterale dei piedi durante lo stacco sumo, a differenza di quanto accade indossando i “Deadlift Slippers” o le Chuck Taylor.

Nonostante lo spessore ridotto, la suola presenta un arco plantare, prevenendo così eventuali rischi di platipodia (piede piatto) e fornendo dunque adeguato sostegno durante lo Squat.

Sono presenti due strappi, che garantiscono la massima stabilità al piede all’interno del suo alloggio.

Queste scarpe sanno decisamente farsi valere e non sembrano presentare particolari difetti: rapporto qualità-prezzo (89.90 euro) indiscusso.

Pregi:

  • Suola ultra-sottile e ultra-rigida
  • Supporto laterale per lo Stacco Sumo
  • Arco plantare nonostante il ridotto spessore
  • Confort
  • Stabilità
  • Qualità/prezzo

Difetti:

  • nessuno

Adatte per:

  • Stacco convenzionale e sumo
  • Squat

Dove poterle acquistare: QUI

 

 

 

METAL POWERLIFTING SHOES

Metal shoes

Le Metal Powerlifting Shoes abbinano qualità a design.

Realizzate completamente in pelle, alte sufficientemente da coprire interamente la caviglia, presentano una punta leggermente rialzata: sembrano stivali più che scarpe da sollevamento pesi.

La suola, costruita in materiali ultra-aderenti che impediscono uno slittamento laterale, presenta un sottile arco plantare, rendendo queste scarpe perfette sia per lo Stacco, regular o sumo, sia per lo Squat.

La sensazione che si ha avendole ai piedi è di massima stabilità: avvolgono completamente la caviglia e sono perfettamente regolabili grazie allo strap posto superiormente.

Unico difetto, oltre al prezzo (circa 150 euro), è lo spessore della suola, leggermente superiore a quello delle Sabo Deadlift.

Pregi:

  • Suola ultra-rigida
  • Supporto laterale per lo Stacco Sumo
  • Arco plantare nonostante il ridotto spessore
  • Confort
  • Stabilità
  • Qualità dei materiali

Difetti:

  • Prezzo
  • Suola più spessa delle Sabo Deadlift

Adatte per:

  • Stacco convenzionale e sumo
  • Squat

Dove poterle acquistare: QUI

 

 

SABO GOODLIFT

Sabo goodlift

Le Sabo Goodlift costituiscono un’alternativa economica alle Metal, al prezzo di  115.90 euro.

Simili nel design, presentano anch’esse uno strap che garantisce massima stabilità al piede all’interno della scarpa.

La suola, spessa solo 5 mm, è ultra-aderente, grazie anche ai supporti laterali in grado di eliminare qualsiasi slittamento laterale dei piedi durante lo stacco sumo.

Nonostante lo spessore ridotto, la suola presenta un arco plantare, prevenendo così eventuali rischi di platipodia (piede piatto) e fornendo adeguato sostegno durante lo Squat.

Come le Metal, sono anch’esse in pelle, garantendo così la massima durabilità e qualità dei materiali.

Pregi:

  • Suola ultra-rigida
  • Supporto laterale per lo Stacco Sumo
  • Arco plantare nonostante il ridotto spessore
  • Confort
  • Stabilità
  • Qualità dei materiali
  • Qualità/prezzo

Difetti:

  • Suola più spessa delle Sabo Deadlift

Adatte per:

  • Stacco convenzionale e sumo
  • Squat

Dove poterle acquistare: QUI

 

 

ADIDAS COMBAT SPEED 4

Adidas Combat Speed 4

 

Realizzate per il Wrestling, le Adidas Combat Speed 4 possono essere utilizzate anche nel Powerlifting, ed in particolare per lo Stacco da Terra.

Sono presenti in diversi colori (nere, arancioni, blu, gialle, bianche, grigie) così da accontentare tutti i gusti.

Presentano un cinturino elastico sul collarino, così da regolarne la calzabilità.

Come tutte le Adidas, potrebbero risultare  non particolarmente confortevoli per chi ha una pianta del piede abbastanza larga.

La suola è ultra-aderente, così da assicurarvi il massimo grip durante i movimenti di tirata. Tuttavia, non essendo scarpe pensate appositamente per lo Stacco da Terra, presentano una suola più spessa delle loro dirette rivali, le Sabo Deadlift: pochi mm certo, ma che potrebbero fare la differenza.

La suola  è costituita da Etilene Vinil Acetato (EVA), e non in TPU, e dunque risulta, sebbene in parte, comprimibile.

Pregi:

  • Costo (circa 70 euro)
  • Disponibili in diversi colori

Difetti:

  • Suola più spessa delle Sabo Deadlift
  • Suola in parte comprimibile
  • Larghezza della suola

Adatte per:

  • Stacco convenzionale o sumo
  • Squat

Dove acquistarle: QUI

CROSSFIT

 

REEBOK NANO 6.0

Rebook Nano 6

Gli atleti di Crossfit eccellono nella versatilità.

E così la Reebok Nano 6.0, nuova arrivata in casa Rebook.

A meno che non siate disposti a cambiare due o più paia di scarpe durante un WOD, le vostre scarpe dovranno permettervi di correre, saltare, strappare, girare, squattare, staccare e solo Dio sa cos’altro.

Le Reebok Nano 6.0 hanno le carte in regola per fare tutto ciò.

Ritorno alle origini per quanto riguarda l’aspetto: con un design essenziale (il Delta Logo è posto esclusivamente lateralmente e posteriormente), il riferimento alle Reebok Nano 2.0 è evidente.

A differenza delle Reebok Nano 5.0, le Reebok Nano 6.0 avvolgono perfettamente il piede, aumentandone così la stabilità.

La superficie laterale interna della scarpa è rivestita in Rope Pro, materiale che aggiunge molto grip nelle salite alla corda.

Anche quest’anno il materiale per il rivestimento esterno è il Kevlar, materiale noto per la sua resistenza e protezione. La tomaia, differente rispetto alle versioni precedenti, dovrebbe assicurare maggiore traspirabilità.

La suola, che presenta un tacco netto di 0.4  cm, è stata realizzata con una schiuma leggermente più morbida, migliorando così l’impatto durante la corsa.

Il tacco è l’unica zona della suola più rigida, così da assicurare un sostegno, seppur minimo, durante squat,stacco, C&J e strappo. Tuttavia la sua altezza ridotta e la sua parziale comprimibilità rendono questa scarpa poco adatta al Powerlifting e al Weightlifting. Del resto, le Nano 6.0 sono scarpe pensate appositamente per il Crossfit, e probabilmente sono le migliori scarpe per questa disciplina.

Pregi:

  • Confot
  • Peso ridotto (circa 280 gr)
  • Grip laterale per salire la corda
  • Traspirabilità

Difetti:

  • Suola comprimibile
  • Tacco ridotto

Consigliate per:

  • Crossfit

Dove acquistarle: QUI

 

 

 

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L'articolo Scarpe da Powerlifting: la guida sembra essere il primo su AIF - Accademia Italiana della Forza.

Programmazione: Stacco da Terra per brevilinei

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A cura di Amerigo Brunetti.

 

16-06-16_powerlifting Raw-6964

 

Braccia corte, tibia corta, busto lungo. Lo stacco è un vero disastro.

Sarebbe bello nascondersi in eterno dietro un “non è la mia alzata”, “non ho le leve giuste per lo stacco”.
E invece no. Dopo questo articolo dovrete scegliere.
“Non ci ho nemmeno provato”
oppure
“Sono incredibilmente migliorato”

 

Il Powerlifting – insieme a tutto il mondo del sollevamento pesi – sta vivendo una fase di grande ricchezza innovativa, e ci permette oggi di portare notevolissimi risultati anche su soggetti apparentemente non predisposti per una determinata alzata.
Se in precedenza abbiamo parlato di tecnica nell’articolo THIS IS DEADLIFT, ora focalizziamoci sulla pianificazione.
Uno degli aspetti più affascinanti dello stendere un piano di allenamento è la capacità di influenzare la tecnica di esecuzione del soggetto (e quindi la sua efficienza) attraverso… Il programma!
L’alternanza degli stimoli allenanti, i volumi e i carichi di lavoro – quindi non solamente gli input verbali forniti dall’allenatore – possono modificare tangibilmente il modo di muoversi di un atleta.

 

Vedremo che chi “tira di schiena”, chi “tira di dorsali”, chi “si infila sotto al bilanciere” e chi “strappa” può modificare questo comportamento grazie ad un’attenta pianificazione, invitando il corpo verso strategie motorie differenti.
Per portare a termine questo programma devi disporre di:

  • Bilanciere + dischi diametro 45cm;
  • Rack con pin regolabili, che permetta di eseguire un Pin Squat al di sopra del parallelo;
  • Blocchi bassi per rialzare il bilancere (5-7cm);
  • Blocchi alti per rialzare il bilancere (12-15cm);
  • Fascette o ganci per facilitare la presa;
  • 20 settimane di tempo.

 

Sebbene venti settimane siano tante in senso assoluto, questo è il tempo minimo richiesto per resettare con efficacia uno Stacco e permetterti di trovare una linea di spinta più solida.
A te la scelta se provarci o no.

 

IL PROGRAMMA

 

Questo è un programma di specializzazione sullo Stacco da Terra, adatto sia per chi stacca in stile sumo sia per chi stacca in stile regolare.
 Se alleni anche Panca e Squat, modera volumi e intensità su quest’ultimo (per ovvi motivi di recupero e priorità di focus sullo stacco).

Inutile dire che – data la mole di lavoro piuttosto tassante in certe fasi – vedrete lievitare lo sviluppo muscolare di Gran Dorsale, lombari, femorali e quadricipiti.

14-06-16_powerlifting Raw-9725

BLOCCO UNO

 

Con buona probabilità, il brevilineo – costretto a partire dal basso in una posizione molto scomoda – è predisposto a sollevare il bilanciere utilizzando davvero poco gambe e bassa schiena nella loro completezza. Molto spesso si vede “tirare coi trapezi” o “trazionare con le braccia”, perché il corpo non sa come comportarsi.

Dobbiamo procedere eliminando questo punto difficile: la partenza.
Come fare? Con blocchi di altezza variabile. Taglio fuori la parte difficile per 6 settimane, privando il movimento di quel punto critico che mi intossica l’intera alzata.

Facilitiamo l’atleta nel trovare una propria, vincente tecnica d’esecuzione.

NB: quando scrivo “stacco DAI blocchi” o “stacco DA piccolo rialzo”, intendo che IL BILANCIERE e’ rialzato rispetto al pavimento.

 

GIORNO UNO
1- Stacco da piccolo rialzo (5-7cm)
2- Complementare: Leg curl sdraiato, bacino bloccato in leggera retroversione
Salita in 6” e discesa normale   5×4 serie

oppure
Glute Ham Raise

 

GIORNO DUE
1- Stacco dai blocchi (12-15cm)
2- Complementare: rematore 1 braccio con salita lenta   6xbraccio x4 serie
Traziona il manubrio spingendo il gomito verso il soffitto.

 

GIORNO TRE
1- Complementare: polpacci seduto (sitting calf)   12×5 serie, spinta lenta
2- Stacco da piccolo rialzo, usa fascette o ganci.
Salita in 4″ e discesa in 4″. Un piccolo fermo quando tocchi e devi risalire.

Qui trovate i carichi da utilizzare nel GIORNO UNO-DUE-TRE e la progressione nelle settimane.

 

SETTIMANA GIORNO UNO GIORNO DUE GIORNO TRE
1 60% 5x5 62,5% 5x5 50% 8x5 serie
2 60% 5x5 65% 4x5 serie 55% 10x5 serie
3 60% 5x5 67,5% 5x4 serie 55% 11x6 serie
4 65% 4x5 serie 65% 5x4 serie 60% 9x5 serie
5 60% 5x5 70% 4x5 serie 60% 10x6 serie
6 65% 4x5 serie 60% 5x4 serie 55% 7x5 serie

 

BLOCCO DUE

 

Zanutto

 

Nel secondo blocco re-inseriamo lo Stacco da Terra (senza rialzi) un giorno a settimana, mantenendo alto il numero di ripetizioni e il carico non troppo impegnativo, utilizzando la fatica cumulativa delle ripetizioni come fonte di stimolo.

Qui è necessaria una frequenza di quattro allenamenti settimanali (garantisco: assolutamente sostenibili!) e una marcata alternanza degli stimoli allenanti.

 

GIORNO UNO
1- Complementare: Squat 55-65% 6/8 x 5 serie, peso fisso nella seduta.
Puoi cambiare carico, serie e ripetizioni a tua discrezione (rimanendo nei range) durante le settimane
2- Stacco
Se il tuo stile preferito è il sumo, in questa seduta fai stacco classico con piccolo deficit 3-5cm
Se il tuo stile preferito è quello regolare (Stacco classico), in questa seduta fai stacco sumo. Anche se tecnicamente è un’alzata che non conosci alla perfezione.

Ramping progressivo fino a trovare un carico che ti consenta serie target impegnativa, numero di ripetizioni indicate in tabella (doppia o tripla).
Quanto impegnativa? Qui devi basarti sulla tua sensazione: lascia sempre una sola ripetizione di margine.

 

GIORNO DUE
1- Stacco dai blocchi (12-15cm), usa fascette o ganci
2- Complementare: rematore 1 braccio con salita lenta   8xbraccio x4 serie
Traziona il manubrio spingendo il gomito verso il soffitto.

 

GIORNO TRE
1- Complementare: polpacci seduto (sitting calf) 10×4 serie, salita lenta
2- Stacco da Terra
3- Complementare: Pin Squat con scarpa piatta (no tacco), fermo 2” con bilancere appoggiato ai pin    70-85% 3×3
Pin che ti permettano di arrivare circa 10cm sopra il parallelo.

 

GIORNO QUATTRO
1- Stacco da piccolo rialzo (5-7cm), usa fascette o ganci.
Salita in 3″ e discesa in 3″. Recupero 1′ tra le serie.
2- Complementare: goodmorning seduto, allunga bene i lombari tenendo bloccato il bacino    40-50kg 8×4 serie
Discesa in 6” e fermo 3”

 

SETTIMANA GIORNO UNO GIORNO DUE GIORNO TRE GIORNO QUATTRO
7 Tripla 60% 3x4 serie 65% 4 8 7 55% 2x5 serie
8 Tripla 62,5% 3 2 4 2 70% 4 8 5 55% 3x5 serie
9 Doppia 65% 3x3 67,5% 5 7 72,5% 7 3 57,5% 2x5 serie
10 67,5% 3x2 serie 75% 2x4 serie 65% 5x2 serie 70% 4x2 serie 55% 4x4
11 Doppia 65% 2 3 4 3 72,5% 4 10 3 52,5% 3x5 serie
12 Tripla 70% 2x4 serie 77,5% 3 7 65% 11 57,5% 2x5 serie
13 70% 3x3 65% 5x3 serie 70% 4x3 serie 55% 4x3 serie

 

BLOCCO TRE

 

18-06-16_powerlifting Raw-3807

Time Under Maximal Tension definisce il tempo che trascorrete con il gas aperto e spingete a tutta forza.
Ora iniziamo a calcare la mano su questo parametro, si comincia realmente a tirare nelle serie allenanti.
Siamo a SETTE settimane dal TEST (o gara) e dobbiamo prepararci a carichi ingenti.

 

GIORNO UNO
1- Complementare: goodmorning seduto, allunga bene i lombari tenendo bloccato il bacino e fletti quanto più possibile il rachide 6×3 serie (leggero)
2- Stacco dai blocchi (12-15cm), usa fascette o ganci
3- Complementare: Pin Squat   72,5%-80%  4-6 ripetizioni x 4 serie
Pin che ti permettano di arrivare circa 10cm sopra il parallelo

 

GIORNO DUE
1- Complementare: polpacci seduto (sitting calf) 8×4 serie, salita lenta
2- Stacco da Terra. Ramping fino a trovare una serie molto impegnativa (secondo schema tabella), facendo poi un backoff come indicato.
“4RM, poi -10% 5×3 serie” significa che salgo progressivamente cercando il massimo peso con cui svolgo 4 ripetizioni. Trovatolo, tolgo il 10% di questo carico ed eseguo 3 serie da 5 ripetizioni.
MAX REPS indica che dovete fare il numero massimo di ripetizioni, una sola serie.

 

GIORNO TRE
1- Stacco da Terra, salita in 5” e discesa in 5”. Usa fascette o ganci.
Se il tuo stile preferito è il sumo, fai classico.
Se il tuo stile preferito è il classico, fai sumo.
2- Complementare: Rematore bilancere sdraiato su panca 45°, no fascette   6-8 x4 serie
Traziona con forza fino a sbattere il bilancere contro la panca.

 

SETTIMANA GIORNO UNO GIORNO DUE GIORNO TRE
14 75% 2x6 serie 4RM, poi -10% 5x3 serie 55% 4x4
15 75% 3x6 serie 8RM, poi -12,5% 12x1 serie 60% 5x3 serie
16 67,5% 3 2 4 3 2 65% 6 9 3 55% 4x4
17 75% 2x5 serie 2RM, poi -10% 4x3 serie 57,5% 4x4
18 72,5% 3x5 serie 6RM, poi -15% MAX REPS 60% 5x3 serie
19 70% 4 2 4 3 65% 4 6 72,5% 2x2 65% 4x4
20 75% 2x4 serie TEST

 

Al termine di questo programma vi accorgerete di come sia possibile ottimizzare movimenti anche in soggetti apparentemente non predisposti e di quanto “non è la mia alzata” sia una frase superficiale.

Invito chiunque intenda sostenere il programma a registrare con precisione i propri miglioramenti, anche contattandomi personalmente per chiarimenti e precisazioni.
Sto raccogliendo dati sul miglioramento medio annuo e sugli incrementi di massa muscolare che derivano da tale allenamento.

Un grazie, e buon lavoro!

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Off-season: le alte ripetizioni lontano dalle gare

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A cura di Antonio Contenta.

 

 

Tutti sanno più o meno cosa fare per prepararsi ad una gara. 

Pochi sanno cosa fare lontano dalle gare.

 

 

 

Bench Press

 

 

 

OFF-SEASON, COS’ È?

 

L’ Off-Season, o meglio, Pre-Season è, semplificando, quel momento della stagione agonistica subito successivo alle gare più importanti dell’anno.

Generalmente, durante questa finestra temporale, l’atleta trova particolare giovamento nel variare in modo sostanziale il “tipo” di allenamento che è solito svolgere in vista di una competizione.

Questo momento dell’anno spesso si rivela simpatico per gli allenatori, che hanno l’ opportunità di sperimentare nuovi allenamenti e/o esercizi, senza la pressione imminente di una gara.

 

ATLETI ED AMATORI: COSA CAMBIA?

 

  • L’ atleta NECESSITA di periodi di questo tipo tanto più il livello delle prestazioni cresce e gli impegni agonistici si susseguono. Variare la tipologia di allenamento permette infatti di stimolare e ricercare capacità motorie differenti da quelle richieste per una singola competizione, ma altrettanto fondamentali per miglioramenti di lungo periodo. Inoltre, diversificando in tale fase il proprio allenamento, è possibile drenare la fatica accumulata a livello nervoso dall’atleta: prepararsi ad una competizione di Powerlifting richiede grandissima specificità di lavoro sul gesto di gara, che l’ atleta paga sia a livello fisico che mentale.
  • Il “semplice” appassionato può riscontrare altrettanti vantaggi nello sviluppare un macrociclo di allenamento con caratteristiche simili, a patto che abbia già una discreta esperienza con il gesto atletico. In caso contrario risulta molto più proficuo dedicarsi ai classici lavori di costruzione del movimento e della muscolatura, molto più efficaci in questa fase d’apprendimento.

 

UN ESEMPIO PRATICO

 

Di seguito troverete un intero blocco di 9 settimane della  Off-season/Pre-season di Gianluca De Cola, mio atleta.

Gianluca, nonostante la giovane età (classe ’92), ha partecipato brillantemente ad un Mondiale Junior ed un Europeo Open, ed ha vinto il titolo Italiano Open della cat. -74kg nel 2015.

Sicuramente un atleta tecnicamente lavorato e di buon livello.

 

Gianluca De Cola

 

Per scaricare il programma, cliccate QUI.

A differenza delle sedute in preparazione di una gara, durante questa fase Gianluca ha effettuato allenamenti con volumi sensibilmente più alti: le ripetizioni all’interno della serie e il numero di alzate settimanali sono infatti sensibilmente più alte dei periodi competitivi.

Oltre all’aspetto condizionale, sicuramente non trascurabile e che ad un lettore meno esperto potrebbe sembrare quello maggiormente ricercato, il perché delle alte ripetizioni alte è da ricercare nella volontà di indurre una maggior naturalezza nelle alzate, in particolare nello stacco da terra.

Gianluca ha innegabilmente leve corporee molto favorevoli per questa alzata, ma dal mio punto di vista commette ancora una serie di errori che rendono il suo potenziale decisamente inespresso.

Come spesso accade, chi ha leve particolarmente favorevoli commette errori che i più non notano, compiendo comunque prestazioni sportive degne di nota. Gianluca è solo apparentemente efficiente.

 

deadlift

 

 

Il programma in questione prevede una serie di esercizi in cui la serie centrale presenta un range di ripetizioni a discrezione dell’atleta. Ciò non solo per stimolare mentalmente il soggetto, ma anche per non vincolarlo a una serie troppo difficoltosa se la condizione fisica e/o mentale della giornata non lo consentono.

L’andamento settimanale degli allenamenti è  2+1: due settimane ad alto volume precedono una terza in cui cala drasticamente il numero di alzate ed aumenta sensibilmente l’intensità.

Nonostante l’intensità elevata della terza settimana, in cui si utilizzano anche carichi intorno al 90 %, questa può comunque essere considerata di “scarico”: la fonte principale di stress del programma, ovvero il volume, è quasi del tutto assente.

Sono presenti due allenamenti TEST nelle settimane 6 e 9. Tali test, a differenza di quelli canonici del Powerlifting, prevedono un tempo limite in cui effettuare il maggior numero di ripetizioni possibili ad un determinato carico.

In queste sedute abbiamo riscontrato delle buone prestazioni, che non avrei in alcun modo potuto predire.

Nel video seguente parte di uno di questi test. Settimana 6. Dopo le normali serie di avvicinamento parte il cronometro: 212,5kg sul bilanciere e  25’ per un ladder crescente a carico fisso. Non spaventatevi: il video dura a malapena 4′ , avendo tagliato tutti i recuperi.

Ricordo che il ladder ( o scala) presenta una successione di serie a carico fisso ma con ripetizioni crescenti, sino ad una serie ad alte ripetizioni che costituirà l’apice del ladder stesso.

 

 

 

 

CONCLUSIONI

 

Spero di aver offerto degli spunti interessanti. Il programma è così personalizzato per Gianluca che potrebbe essere poco utile  su terzi, soprattutto se non impostati tecnicamente in maniera adeguata.

Secondo la mia opinione, le alte ripetizioni, protratte su periodi medio-lunghi, sono una valida carta da giocare su atleti avanzati piuttosto che principianti.

Tuttavia, anche un atleta avanzato corre il rischio di bypassare in qualche modo i punti critici delle alzate al fine di economizzare il gesto: il nostro istinto di conservazione ci porta a voler consumare poche energie, e dunque tende all’economicità e non alla prestazione intensa. Il contesto e il rigore in cui si lavora sono dunque fondamentali.

 

 

SALUTI

 

Concludo con un saluto ai lettori e a chi segue gli articoli, i corsi e in generale il lavoro dell’Accademia.

Sarò inoltre presto disponibile attraverso una rubrica di “Questions & Answers” su Aif per rispondere a eventuali domande sull’allenamento, anche più articolate del “ma il 5×5 è per la forza o per la massa?”.

Spero che questa proposta possa risultare utile per generare e far muovere esperienze e informazioni.

L'articolo Off-season: le alte ripetizioni lontano dalle gare sembra essere il primo su AIF - Accademia Italiana della Forza.

Un programma per la Panca Piana. Un programma per lo Squat

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A cura di Ado Gruzza.

 

Questo programma per Squat e Panca piana deriva da una ri-analisii del semplice, ma intelligente programma per il miglioramento della forza nelle gambe del russo Sergey Bondarenko (in foto), atleta di pesistica olimpica.

 

weightlifting

 

IL PROGRAMMA: SQUAT

 

Il programma è strutturato su blocchi di 2 settimane, dove due esercizi, uno fondamentale e una variazione di questo, si alternano allenamento dopo allenamento.
Al termine di ogni blocco di 2 settimane ho introdotto una sorta di autoregolazione, o meglio, autoanalisi, che ricorda l’approccio del ricercatore Knight (vd. “The APRE Program vs Linear Periodization“), senza snaturare di una virgola il programma.

Ho riorganizzato il lavoro in modo da dare uno sviluppo temporale più lungo e più fruibile per persone molto diverse tra loro.

 

18-06-16_powerlifting Raw-2815

 

Le % sono basate sul massimale di Squat e Squat frontale. Se non conoscete il vostro massimale di Squat frontale, potete moltiplicare la % indicata x0,80, che  dovrebbe essere il rapporto ideale tra le due alzate per chi non è un pesista olimpico. In realtà, vista la natura dello Squat frontale (a partire dall’appoggio del bilancere) e dello stile di partenza del back squat (verticale o meno) questo rapporto può variare fino ad andare in un range dal 70 al 85%. Per questo vi consiglio vivamente di testare il vostro massimale di Squat Frontale, o quantomeno andarci vicino, così da averne un’idea meno approssimativa, contrariamente a quello che consiglierò successivamente per la panca presa stretta, variante da utilizzare per la Panca Piana.

 

Blocco introduttivo
Settimana 1                                                                                 Settimana 2

Lunedì  Stimolante                                                                         Lunedì Stimolante
1. Squat Frontale 70% 2 x 3 serie                                                  1. Squat 70% 2 x 3 serie

Mercoledì Volume                                                                          Mercoledì Volume
1. Squat 65% 5 x 3 serie                                                                1. Squat Frontale 65% 5 x 3 serie

Venerdì Intensità                                                                            Venerdì Intensità
1. Squat Frontale 90% 2 x 3 serie                                                  1. Squat 85% zona 5/7 ripetizioni x 1 serie*

*ATTENZIONE. Avete letto bene: le ripetizioni tra 5 e 7 del Venerdì della Settimana 2 devono essere effettivamente al limite tecnico possibile. Durante tale seduta allenante possono verificarsi tre differenti situazioni:

1. Caso A: fate meno di 5 ripetizioni nella prima serie.
2. Caso B: fate tra le 5 e le 7 ripetizioni nella prima serie.
3. Caso C: fate più di 7 ripetizioni nella prima serie.

1. Nel Caso A fate un’altra serie con il 10% in meno e la settimana successiva ripetete il blocco introduttivo.
1. Nel Caso B fate un’altra serie con il 5% in meno e la settimana successiva accedete al blocco centrale.
3. Nel Caso C fate un’altra serie con lo stesso carico e la settimana successiva aumentate i carichi come indicato in seguito.

 

 

Blocco Centrale
Settimana 3                                                                                  Settimana 4

Lunedì  Stimolante                                                                         Lunedì Stimolante
1. Squat Frontale 75% 2 x 3 serie                                                  1. Squat 75% 2 x 3 serie

Mercoledì Volume                                                                          Mercoledì Volume
1. Squat 70% 5 x 3 serie                                                                1. Squat Frontale 70% 5 x 3 serie

Venerdì Intensità                                                                            Venerdì Intensità
1. Squat Frontale 92,5% 2 x 3 serie                                               1. Squat 87,5% zona 5/7 ripetizioni x 1 serie*

*ATTENZIONE L’ultimo Venerdì del Blocco Centrale adotterete la stessa logica affrontata al termine del Blocco Introduttivo.

 

 

Blocco di Massimo Carico
Settimana 5                                                                                  Settimana 6

Lunedì  Stimolante                                                                         Lunedì Stimolante
1. Squat Frontale 80% 2 x 3 serie                                                  1. Squat 80% 2 x 3 serie

Mercoledì Volume                                                                          Mercoledì Volume
1. Squat 70% 5 x 3 serie                                                                1. Squat Frontale 70% 5 x 3 serie

Venerdì Intensità                                                                            Venerdì Intensità
1. Squat Frontale 95% 2 x 3 serie                                                  1. Squat 90% zona 5/7 ripetizioni x 1 serie*

*ATTENZIONE L’ultimo Venerdì del Blocco di Massimo Carico  adotterete la stessa logica affrontata al termine del Blocco Introduttivo.

 

 

CONSIDERAZIONI

 

Come possiamo notare, questo non è il tipico allenamento che si conclude con un test massimale preceduto da una fase di taper, quanto un programma ciclico utilizzato da chi non ricerca una peaking performance sull’esercizio, quanto un’ elevamento della condizione prestativa generale.
In questo specifico caso, un pesista interessato al miglioramento della forza delle gambe, in modo da sfruttare questo potenziale ottenuto per migliorare nello Strappo e nello Slancio.

 

Personalmente ritengo che questo programma presenti molti aspetti positivi:

 

1. Avere 2 tipi di allenamenti settimanali leggeri o stimolanti: uno a basse ripetizioni ( “Stimolante”), l’altro a medie ripetizioni (“Volume”)
Sono convinto che intervallare sedute pesanti a sedute leggere sia la chiave del successo di un’atleta, e noto con piacere che tante scuole si stanno spingendo in questa direzione.

 

2. Avere carichi limite, basati sull’intensità (vd. Squat Frontale del venerdì della prima settimana di ogni blocco) e una volta sulle ripetizioni (vd. Squat del venerdì della seconda settimana di ogni blocco). L’intensità è spinta su un esercizio ‘same but different’, come vedremo anche per la Panca stretta, e sull’esercizio fondamentale.

 

3. Frequenza alta e volume sulla singola seduta basso. Credo che non siano sempre utili volumi altissimi in termini di numero di serie, soprattutto quando si lavora a ripetizioni fisse.
Per quanto in molti casi è un mezzo di allenamento che funziona, capita spesso di vedere atleti congestionati da un volume ripetitivamente eccessivo, protratto troppo a lungo.

 

4. Ogni due settimane c’è un test di massime ripetizioni tecniche, che, fatto ogni 14 giorni e con in mezzo sedute tecniche che aiutano a massimizzare il controllo dell’esercizio, permetteranno di spingersi molto vicino al limite, poiché via-via sarete in grado di non sporcare mai il gesto tecnico, massimizzando, di conseguenza, i risultati.

 

A CHI E’ INDIRIZZATO?

 

Questo programma sembra fatto apposta per un intermedio e risulta molto buono anche per un avanzato in cerca di nuovi stimoli. Tant’è che la versione originale, leggermente più semplificata, è utilizzata dal suo ideatore che bazzica attorno ai 230 kg di slancio.

 

 

E SE LO ADATTASSIMO ALLA PANCA?

 

bench press

 

Proviamo semplicemente a convertire il tutto trasformando lo Squat in Panca piana e lo Squat Frontale in Panca  presa stretta.

Adattato alla Panca piana questo programma potrebbe avere alcune criticità. La Panca Piana infatti, dovrebbe prestarsi di meno ad un lavoro a RM e, generalmente, la panca “ama” qualche serie in più.

Tuttavia ha anche grandissime potenzialità.

Le % sono basate sul massimale di Panca Piana e Panca Stretta. Se non conoscete il vostro massimale di Panca Stretta, moltiplicate la % indicata x0,9 e dovrebbe quadrare molto bene. Quindi il 90% del massimale di Panca stretta equivale a circa l’82% del massimale di Panca Piana.

 

Blocco Introduttivo
Settimana 1                                                                                  Settimana 2

Lunedì  Stimolante                                                                         Lunedì Stimolante
1. Panca Stretta 70% 2 x 3 serie                                                   1. Panca Piana 70% 2 x 3 serie

Mercoledì Volume                                                                          Mercoledì Volume
1. Panca Piana 65% 5 x 3 serie                                                     1. Panca Stretta 65% 5 x 3 serie

Venerdì Intensità                                                                            Venerdì Intensità
1. Panca Stretta  90% 2 x 3 serie                                                  1. Panca Piana 85% zona 5/7 ripetizioni x 1 serie*

*ATTENZIONE. Adottare la stessa logica applicata all’ allenamento conclusivo di qualsiasi Blocco del Programma per lo Squat.

 

 

Blocco Centrale
Settimana 2                                                                                  Settimana 3

Lunedì  Stimolante                                                                         Lunedì Stimolante
1. Panca Stretta 75% 2 x 3 serie                                                   1. Panca Piana 75% 2 x 3 serie

Mercoledì Volume                                                                          Mercoledì Volume
1. Panca Piana 70% 5 x 3 serie                                                     1. Panca Stretta 70% 5 x 3 serie

Venerdì Intensità                                                                            Venerdì Intensità
1. Panca Stretta  92,5% 2 x 3 serie                                                1. Panca Piana 87,5% zona 5/7 ripetizioni x 1 serie*

*ATTENZIONE L’ultimo Venerdì del Blocco Centrale adotterete la stessa logica affrontata al termine del blocco introduttivo.

 

 

Blocco di Massimo Carico
Settimana 5                                                                                  Settimana 6

Lunedì  Stimolante                                                                         Lunedì Stimolante
1. Panca Stretta 80% 2 x 3 serie                                                   1. Panca Piana 80% 2 x 3 serie

Mercoledì Volume                                                                          Mercoledì Volume
1. Panca Piana 70% 5 x 3 serie                                                     1. Panca Stretta 70% 5 x 3 serie

Venerdì Intensità                                                                            Venerdì Intensità
1. Panca Stretta  95% 2 x 3 serie                                                  1. Panca Piana 90% zona 5/7 ripetizioni x 1 serie*

*ATTENZIONE L’ultimo Venerdì del Blocco di Massimo Carico adotterete la stessa logica affrontata al termine del blocco introduttivo.

 

 

CONCLUSIONE DEL PROGRAMMA

 

Essendo un piano di 6 settimane, rischia di essere troppo breve per essere concluso con un test massimale. L’ideale potrebbe essere inserirlo come la prima fase di un ciclo più lungo.

Volendo testare un massimale dopo queste sei settimane potremmo sviluppare il lavoro in questa maniera:

 

Preparazione al Massimale
Settimana 7                                                                                  Settimana 8

Lunedì  Stimolante                                                                         Lunedì Stimolante
1. Panca Piana o Squat  80% 2 x 3 serie                                       1. Panca Piana o Squat 80% 2 x 3 serie

Mercoledì Volume                                                                          Mercoledì Volume
1. Panca Stretta o Squat Frontale 70% 2 x 3 serie                        1. Panca Stretta o Squat Frontale 70% 2 x 3 serie

Venerdì Intensità                                                                            Venerdì Intensità
1. Panca Piana o Squat 90% 1 x 3 serie                                        1. Panca Piana o Squat TEST MASSIMALE

 

L'articolo Un programma per la Panca Piana. Un programma per lo Squat sembra essere il primo su AIF - Accademia Italiana della Forza.

ALLENARE L’ INTENSITÀ PERCEPITA

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A cura di Aaron Marco Ongari.

 

Massimale. Il carico ti schiaccia. Il corpo reagisce e si attivano automatismi motori, si annebbia la concentrazione e si è accecati dai feed-back che ne derivano.

 

 

squat

 

 

 

 

PAURA E SENSAZIONI: COSA SUCCEDE E COSA NON DEVE SUCCEDERE

 

Quando sei sotto al bilanciere, testando il tuo Massimale, è indubitabile l’importanza della Tecnica ottimale, l’importanza di aver lavorato sui punti carenti e di aver ottimizzato il Ciclo di allenamento. Ma non solo: ci sono anche delle sensazioni che bisogna considerare.

Ciò che sperimenti soggettivamente prende il sopravvento su quello che è la Tecnica, su quello che è la tua espressione di Forza, sul tuo aspetto emotivo. E questo non deve succedere.

 

 

squat

 

 

Come ci rendiamo conto ci sono delle componenti altamente soggettive, che si relazionano alla psicologia del soggetto, all’ approccio “emozionale” di questi nei confronti del carico stesso, e che quindi si relazioneranno alle “sensazioni” del sollevamento Massimale.

Data la loro importanza e indiscutibile e constante presenza, non bisogna trascurare questi aspetti.

 

 

GESTIRE LE SENSAZIONI: È POSSIBILE ?

 

Ciò che percepisci in prima persona è un vero e proprio parametro ed è quindi allenabile. Possiamo trarne benefici per ottenere sollevamenti più efficaci e efficienti, predisponendo meglio all’esecuzione massima, e vantaggi rispetto a un aumento di massa muscolare.

Dobbiamo lavorare quindi anche in termini di allenamento della Percezione”, per migliorare la sensibilità al carico e la disinibizione a questo. Ci sono 2 approcci:

  1. Allenare la percezione del carico grazie a uno stimolo centrale, atto a influenzare positivamente il S.N.C
  2. Allenare la percezione del carico grazie a uno “stimolo periferico, che miri a ingannare la “periferia”, il corpo (quindi uno stimolo “metabolico”) che crei sensazioni che possono essere relazionate e essere richiamate in altre circostanze.

 

 

ALLENARE LA PERCEZIONE DEL CARICO GRAZIE A UNO STIMOLO CENTRALE

 

Allenare l’ Intensità Percepita “per stimolo sul S.N.C” significa creare un input che possa ingannare il S.N.C, così da ottenere adattamenti neuronali centrali che facilitano l’ alzata; uno stimolo QUALITATIVO, che possa raggirare il set point di base per ottenere di più.

Un esempio concreto. Parliamo ora di Stacco da terra:

  • Prima Onda di lavoro: 75 % 3×4S CON catene pesanti anche solo un 5%-8% dei kg tot. utilizzati.

Terminata ora la prima onda, facciamo un Recupero completo anche di 5 minuti e passiamo alla seconda Onda:

  • Seconda Onda di lavoro: 75% 3×4S SENZA catene.

Abbiamo scaricato qualche kg di catene, kg che gravavano solo nella parte conclusiva dell’alzata, e, nonostante la fatica accumulata nella prima onda, i kg voleranno e  sembreranno  molto più facili di quelli che sarebbero senza catene.

La sensazione che accompagna il sollevamento è molto positiva, la facilità percepita durante il sollevamento è molto maggiore in relazione al carico reale. In altre parole:

 “Il nuovo 75% ora senza catene, “pesa meno” del solito 75%”

 

 

catene

 

 

E’ entrata in atto la disinibizione al carico per stimolo sul S.N.C.

 

Le catene permettono infatti di aumentare i kg sollevati mano a mano che ci avviciniamo alla chiusura dell’ alzata. Permettono un maggior controllo tecnico in basso e, dato che ogni fase è propedeutica alla successiva, una volta che sono entrato correttamente in traiettoria in basso posso spingere di più, e meglio, in alto: ed è solo qui che mi troverò a sollevare più kg, dati appunto dalle catene.

Ora che passo alla seconda Onda, con stessa percentuale di carico, i kg voleranno. Ma questo NON perchè ho tolto i kg che aggiungevano le catene, ma perché l’ impronta motoria centrale dell’ alzata (ovvero il tipo di richiesta per il sistema nervoso-motorio) rimane la stessa.

Per questo, i kg verranno percepiti “più leggeri” rispetto al normale, nonostante la fatica accumulata nelle serie precedenti.

Vorrei citare una mia personale esperienza: esempi diversi ma concetti uguali.

Prendo per un periodo di tempo lezioni di batteria. Mi approccio ai primi ritmi con velocità scandita dal metronomo a circa un 60-70 P.P.M. ed è difficile trovare il ritmo giusto: cosa si fa per imparare a trovare la velocità giusta? cosa posso fare?  Abbassare il ritmo del metronomo per andare più piano?

NO, il contrario: accelerare il metronomo! e quindi cercare di rispettare il BEEP ora più rapido, (con un prevedibile fallimento).  Però ecco la magia. Rallento il metronomo tornando alla velocita iniziale di 60-70 P.P.M.…e la percepisco come “più facile”, come “più fattibile” rispetto al reale 60-70P.P.M:

 

Togliere la “difficolta aggiunta” mi fa percepire più facile il compito di quello che in realtà sarebbe stato.

 

 

squat

 

 

Ecco, questo è ciò che avviene anche con le catene: qualche kg in più in chiusura del movimento, mi faranno percepire in un secondo momento (una volta tolte le catene) la % di carico molto più leggera e fattibile di quello che sarebbe normalmente senza catene, portando a evidenti vantaggi in termini di feeling con il carico in questione. Lo stesso discorso vale anche per le gomme elastiche.

Per concludere vorrei sottolineare che il Back-Off sfrutta un processo “centrale” molto simile a quello appena citato, ma sono due sfumature diverse di uno stesso processo di Post-Attivazione.

Nel caso del Back-Off infatti, dopo aver raggiunto il carico allenante più alto, continuiamo ad allenare diminuendo anche in modo apprezzabile la % di lavoro, mentre nell’esempio sopra citato l’aspetto più importante è togliere la “difficoltà”, per percepire così la stessa % di carico di lavoro come molto più facile e fattibile di quello che di solito è.

Allenare considerando questi aspetti permette stimolare e migliorare il lavoro muscolare, in termini di qualità di contrazione. E apportiamo così vantaggi in termini di Esplosività e  Forza espressa.

 

“Se il carico lo percepisco “più leggero” … è più leggero.”

 

 

 

ALLENARE LA PERCEZIONE DEL CARICO GRAZIE A UNO STIMOLO PERIFERICO

 

 

Una premessa è necessaria: con “periferia” sto parlando di “corpo”: muscoli e sistema cardio vascolare.

Allenare l’ Intensità percepita per stimolo periferico significa creare uno stimolo QUANTITATIVO, atto a migliorare la Percezione del Carico come conseguenza di un input “metabolico”, che faccia sentire che abbiamo lavorato, faticato, sudato, cha faccia alzare i battiti e la frequenza respiratoria.

Il lavoro aerobico cardio-vascolare non si limita solo alla bici, al tapisroulant, al circuito hiit. Un ottimo lavoro cardiovascolare si fa anche coi pesi, e se intelligentemente utilizzato va a migliorare appunto la sensibilità al carico per stimolo su tutto quell’ insieme di parametri che appartengono al campo del “metabolico”.

Un esempio concreto. Parliamo ancora di Stacco da Terra:

  • 75% 2 x 4S serie, con Recupero completo tra le Serie.

Ok, lo so, l’affaticamento dipende molto dal tuo R.M, ma possiamo definire questo tipo di allenamento “non metabolico” dato che il tempo di riposo completo, il numero basso di Ripetizioni (ovvero 2) e la percentuale di lavoro accettabile, rende il tutto piuttosto fattibile.

Consideriamo ora:

  • 75% 2x 4S, con Recupero incompleto tra le Serie (circa 45 secondi):

Cosa succede? Cambia il tipo di stimolo: ovvero l’esercizio è ora “più metabolico”.

 

 

squat

 

 

Usando una terminologia più specifica abbiamo cambiato il “Carico dello Sforzo” – chiamato anche “Intensità dello Sforzo”.

Però in ottica di Intensità Percepita cosa è successo?

A parità di carico, tra i due esempi ciò che cambia è il tipo di lavoro che richiediamo al nostro corpo.

I recuperi parziali permettono di stimolare il corpo, la “periferia” ( i muscoli, i polmoni, il cuore..) ingannando così la “centralina”: si mantiene infatti inalterata la richiesta a livello di S.N.C.

I kg da sollevare infatti sono sempre gli STESSI, ciò che è cambiato è la richiesta cardiovascolare metabolica. L’ Intensità dello Sforzo ha shiftato la priorità verso la componente cardio-aerobica.

A una “Intensità dello Sforzo” maggiore, corrisponde un tempo di Recupero minore-incompleto.

A una “Intensità dello Sforzo” minore, corrisponde un Recupero maggiore-completo.

Ecco, se giochiamo con questi parametri otteniamo una “Intensità percepita” diversa, pur mantenendo i kg invariati, cosi come rimane invariato il compito della nostra centralina: il S.N.C.

Questo regala incredibili benefici nel momento di affrontarci a un sollevamento Massimale.

Saper giocare con l’ “Intensità dello Sforzo” influisce direttamente sulla componente metabolica e sulle relative sensazioni fisiche e emotive soggettive associate al carico.

Ciò che migliora è il feeling con il tuo R.M e le sensazioni che lo accompagnano, dato che queste non creeranno un shock deleterio nel momento di esecuzione. Anzi, saranno GIA’ conosciute e rievocabili.

 

 

squat

 

 

Per capire meglio questo concetto di ”Transfer” a livello di percezione spendibile, faccio due esempi.

1. Un esempio concreto per i “body-builder centrici”:

  • 5 ripetizioni x 3S, con Recuperi parziali di 45-60 secondi” a livello di Intensità Percepita potrebbe essere paragonato con “8 ripetizioni x 3S con recuperi totali tra le serie“.

Ora un esempio concreto per un PowerLifter:

  • SQUAT: 70%, 5ripetizioni x 1 Serie, con tempo di esecuzione di 4” Eccentrica + 3” di Fermo + 4” Concentrica” a livello di Percezione del Carico potrebbe essere paragonato con “SQUAT: 95%, 1 ripetizione“.

 

Come è intuibile se alleno con carichi sub-massimali, con recuperi parziali o con esecuzioni lente, l’ Intensità Percepita è alta, migliorando così l’approccio con il Carico Massimale o peri-massimale. La sensazione nel momento dello Sforzo massimo NON sarà più un’ esperienza nuova, permettendomi così di essere più preparato e predisposto alla prestazione, migliorando il rendimento.

È evidente che il tema della “Percezione del Carico” sia molto, molto interessante, e innegabili sono i vantaggi in termini di sviluppo ipertrofico, di sviluppo di Forza Massimale o di rendimento.

Ti invito a sperimentare quanto qui detto, ad approfondire il tema immergendoti tu stesso nelle “sensazioni che regala il Carico” – quello che io chiamo “meditazione da ripetizione”.

Ne gioverai in termini di presa di coscienza e quindi di qualità di lavoro esprimibile.

Ovviamente, senza dimenticare l’importanza di una TECNICA di ESECUZIONE ottimale e di TENUTA Tecnica solida e costante.

 

Spero di aver apportato il mio granellino di sabbia in questo tema.

 

Buon allenamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IPERTROFIA E N° DI RIPETIZIONI

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A cura di Ado Gruzza.

 

 

 

Da 8 a 12 per l’ Ipertrofia, da 1 a 3 per la Forza. Rassicurante pensare come un sistema così complesso, il corpo umano, assecondi una legge così semplice. Ma è rassicurante, non veritiero.

 

 

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In foto: Silvio Vicinanza, atleta NBFI

 

COME OTTENERE IPERTROFIA: I VECCHI LUOGHI COMUNI

 

Siamo abituati a cercare la risposta nel  concetto del range ipertrofico ideale: quel famoso “da 8 a 12 ripetizioni protratte fino a cedimento” in cui, per magia, tutte le situazioni ideali si incontrano per permettere un fantastico sviluppo muscolare da copertina di Flex magazine.
Che questo intervallo di ripetizioni sia quello ideale per l’ipertrofia è dato per scontato praticamente in qualunque contesto. “Da 8 a 12 per l’ipertrofia, da 1 a 3 per la forza” è un ritornello che avrete sentito tante volte.

Ma quanto questo concetto, vero e proprio dogma della Cultura Fisica degli ultimi decenni, è ancora veritiero e intoccabile?

 

 

IPERTROFIA: COSA FACCIAMO NEL 2016

 

Rispetto anche a soli dieci anni fa, il mondo dell’allenamento della Forza è enormemente più diffuso. Tra functional training, Crossfit, Powerlifting, riscoperta del Weightlifting e dello Strength Training per la preparazione fisica, sono esponenzialmente di più le persone che hanno sperimentato sulla propria pelle l’allenamento a basse ripetizioni. Oggi l’allenamento della Forza è non solo diffuso, ma, potremmo dire, quasi di moda. La gente sa cosa succede allenandosi per quasi tutto l’anno primariamente a basse ripetizioni. Ne ha fatto esperienza sulla propria pelle. Inoltre, sempre più persone che si allenano per fini estetici e di benessere usa i “nostri” protocolli, tipici dell’allenamento della Forza

Il disgregarsi dei dogmi passati suscita tuttavia numerose domande.

 

 

IPERTROFIA: COSA SAPPIAMO NEL 2016

 

L’enorme possibilità di diffusione di informazioni che Internet ci regala rende molto semplice andare ad analizzare quelle fantomatiche “ricerche” accademiche sull’ipertrofia. Queste ci dicono qualcosa di molto diverso da quello che ci aspetteremmo!
Nemmeno in un contesto così semplificato, nel confronto tra basse e medio-alte ripetizioni, le medio-alte ripetizioni (per intendersi, quelle del range ipertrofico) hanno la meglio. Anzi, in tutte le indagini a cui ho avuto pazienza di accedere, c’è un sostanziale pareggio. Non c’è grande differenza in termini di ipertrofia tra usare 10 ripetizioni o usarne 3. Pareggio che potrebbe promettere una vittoria schiacciante delle basse ripetizioni, visto che, tra basse e medio-alte ripetizioni, a parità di ipertrofia sviluppata nel breve termine, le prime sembrano promuovere un maggiore incremento di forza massimale, e quindi la promessa di sempre nuova ipertrofia nel tempo.

 

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L’ ATTENDIBILITÀ DELLE RICERCHE ACCADEMICHE

 

Per amore di verità non ci si può accontentare delle sole ricerche “scientifiche” in ambito di allenamento, anche se queste rispecchiano il nostro modo di allenare ed allenarci.

Così come non è magico il range ipertrofico classico, così non è miracoloso il lavoro di forza a basse ripetizioni, soprattutto se estrapolato da un determinato contesto tecnico e proposto a casaccio ad un gruppo di studentelli che, in cambio di qualche credito formativo, si offrono volontari per una ricerca. Andrei quindi piano a cantar vittoria!

La seguente tabella è tratta dal sito StrengthTheory. Consiglio di leggere l’ intero articolo da cui è tratta, a mio avviso molto interessante. Nella Tabella sono condensate e riportate  importanti ricerche che dimostrerebbero che il range ipertrofico classico (vd. 8/12 ripetizioni) non abbia l’esclusiva nello sviluppo ipertrofico.

 

tabella

 

Dando un occhiata alla tabella, la prima cosa evidente è che sia sufficiente ‘lavorare’ per avere risultati. Con qualunque carico (addirittura il 30% del 1RM), con qualunque volume (si passa da meno di 10 a oltre 100 ripetizioni) a qualunque anzianità di allenamento.

Evidentemente l’impostazione accademica è troppo vaga, sviscerata dal contesto, incapace di cogliere il punto, finendo poi per produrre dei nonsense.
Possibile che soggetti riscontrino la stessa ipertrofia lavorando al 30% così come all’ 80? Per fare un esempio, con un massimale di panca piana di 85kg dovreste credere che allenarsi con 25 kg (in pratica a  bilancere vuoto) sia la stessa cosa che usarne settanta.

Per carità, tutto può essere, però a me sembra una idiozia.
Per questo la risposta accademica è solo un indizio che da solo non basta a creare una prova e tanto meno a scoprire chi è l’assassino.

Schoenfeld, ricercatore in ambito di ipertrofia con un approccio molto commerciale (con tutta l’ accezione positiva del termine) propone una sintesi piuttosto chiara dei meccanismi che inducono ipertrofia. Sintesi che dovremmo seguire nel tentativo di sviscerare un’analisi sensata e soprattutto, PRATICA:

1. Tensione meccanica
2. Stress metabolico
3. Danno muscolare

Potremmo parafrasarli come: Carico, Lavoro e Volume?

 

 

FORZA E IPERTROFIA: MAI COSÍ  VICINE

 

La distinzione tra forza ed ipertrofia, presentata come è presentata, è semplicemente irreale. Un po’ come la storia delle fibre bianche e  quelle rosse, o qualunque altro tipo di formalismo schematico che vuole spiegare concetti troppo complessi. In un soggetto natural (c’è chi prende fuoco come un vampiro al sole sentendo questa parola), tanto più se in una fase intermedia della propria carriera (fase che dura anni), ciò che rende più forti è molto, molto, molto vicino all’essere anche ciò permette di sviluppare più massa magra!

La netta distinzione tra neurale e muscolare esiste solo nelle primissime settimane di allenamento di un soggetto.

Non credo che esista un momento in cui si sviluppi solo forza ed un momento in cui si sviluppi solo ipertrofia, separati da un muro di Berlino immaginario, così come non credo che esista una linea netta entro cui danzare.
Facendo uno sforzo di trascendenza, non si puo’ non notare come i muscoli crescano in risposta ad uno stress legato ad una resistenza da superare. Niente di più e niente di meno.

Se pensiamo che diventare più forti sia necessario per innescare ipertrofia abbiamo già fatto un grande passo in avanti, considerano una cosa non da poco.

Quello che però sfugge ai critici di questa teoria (sempre meno numerosi e sempre più timidi) è che ciò che rende più forte un soggetto non sono sempre le basse ripetizioni.
Anzi, per buon lasso di tempo e per la maggioranza di chi legge, non saranno le basse ripetizioni ad alta intensità ad essere l’innesco più favorevole per diventare più forti.

Certo: in un contesto ottimale, in un soggetto avanzato con una capacità di controllo avanzata, con una capacità di attivazione neuromuscolare molto matura, ovviamente sì: sono le famose triple a 270 kg di Squat ad aver reso i quadricipiti di Pyrros Dimas dei tronchi d’albero. Non ci piove.
Quando siete stabili e maturi il miglior mezzo per mettere forza sono carichi in qualche maniera elevati e ripetizioni in qualche maniera basse. Solo a questo punto però sarà per voi interessante interrogarsi del valore delle basse ripetizioni nello stimolare ipertrofia.
Prima è totalmente casuale e assolutamente non ottimale.

Ergo, il range ipertrofico è ESTREMAMENTE e ASSOLUTAMENTE legato al momento: momento storico in cui il soggetto è, al momento stagionale in cui il soggetto è, alle sue capacità di reclutamento ed attivazione, alla sua maturità tecnica e al suo controllo muscolare.

 

Dimas

 

 

IPERTROFIA: I PUNTI CARDINE

 

Vi presento i punti entro cui ragionare per elaborare un’idea valida riguardo all’ allenamento per l’ ipertrofia. Punti che verranno sviscerati nel prossimo articolo, tra 7 giorni.

  • In una bellissima ricerca sul campo fatta in Unione Sovietica tra i giovani pesisti (quindi con un campione tecnico controllato, con tecnici competenti come supervisori e con obiettivi di tipo prestazionali e non di semplice pubblicazione) si era evidenziato come tra diverse zone di intensità allenante, per soggetti de-allenati o all’inizio della loro carriera agonistica, il range ideale per lo sviluppo ipertrofico fosse, nelle prime 20 sedute sul singolo esercizio, qualcosa come dal 40 al 55% del 1RM.
    Un carico molto al di sotto di quello che comunemente è considerato il minimo allenante e ipertrofico.
    Il momento storico dell’ atleta in cui si sceglie range di ripetizioni o di intensità è decisivo per determinarne l’efficacia.
  • Esiste il principio “quando non c’è serve”, per cui un soggetto che è carente di un particolare stimolo allenante, avrà grandi risultati nell’immediato, introducendolo. Pensiamo che i soggetti degli studi precedenti fossero o de-allenati (allora qualsiasi tipologia di allenamento darà risultati) oppure ingolfati dal pompaggio classico da palestra. In questo caso, passare ad un lavoro meno lattacido, per forza di cose li farà crescere, anche se questo è fatto disordinatamente e malamente.
  • La frequenza è un fattore determinante per scegliere il numero di ripetizioni. Oggi, con enorme ritardo (anche sul sottoscritto) tutto il mondo ha capito come la frequenza di lavoro non sia solo un benefit tecnico. In un contesto di frequenza più elevata diventa saggio lavorare anche e soprattutto a basse ripetizioni.
    Vedremo come un noto punto fermo degli scienziati della Germania Est fosse che l’allenamento acuisse i meccanismi di recupero, e per questo per recuperare fosse molto più saggio allenarsi che stare fermi accumulando volume in orizzontale (vd. numero di sedute allenanti alto) piuttosto che in verticale (vd. alto volume nella singola seduta)
  • Il livello tecnico, importante per determinare due fattori:
    1. Il numero di ripetizioni sufficienti a stimolare ipertrofia.
    2. La possibilità di andare o meno (in maniera assolutamente non frequente) vicino al limite possibile massimo di ripetizioni.

 

 

Andando al sodo: voglio crescere di massa magra, quante ripetizioni devo fare?
State collegati!

L'articolo IPERTROFIA E N° DI RIPETIZIONI sembra essere il primo su AIF - Accademia Italiana della Forza.

ALLENARE L’ INTENSITÀ PERCEPITA

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A cura di Aaron Marco Ongari.

 

Massimale. Il carico ti schiaccia. Il corpo reagisce e si attivano automatismi motori, si annebbia la concentrazione e si è accecati dai feed-back che ne derivano.

 

 

squat

 

 

 

 

PAURA E SENSAZIONI: COSA SUCCEDE E COSA NON DEVE SUCCEDERE

 

Quando sei sotto al bilanciere, testando il tuo Massimale, è indubitabile l’importanza della Tecnica ottimale, l’importanza di aver lavorato sui punti carenti e di aver ottimizzato il Ciclo di allenamento. Ma non solo: ci sono anche delle sensazioni che bisogna considerare.

Ciò che sperimenti soggettivamente prende il sopravvento su quello che è la Tecnica, su quello che è la tua espressione di Forza, sul tuo aspetto emotivo. E questo non deve succedere.

 

 

squat

 

 

Come ci rendiamo conto ci sono delle componenti altamente soggettive, che si relazionano alla psicologia del soggetto, all’ approccio “emozionale” di questi nei confronti del carico stesso, e che quindi si relazioneranno alle “sensazioni” del sollevamento Massimale.

Data la loro importanza e indiscutibile e constante presenza, non bisogna trascurare questi aspetti.

 

 

GESTIRE LE SENSAZIONI: È POSSIBILE ?

 

Ciò che percepisci in prima persona è un vero e proprio parametro ed è quindi allenabile. Possiamo trarne benefici per ottenere sollevamenti più efficaci e efficienti, predisponendo meglio all’esecuzione massima, e vantaggi rispetto a un aumento di massa muscolare.

Dobbiamo lavorare quindi anche in termini di allenamento della Percezione”, per migliorare la sensibilità al carico e la disinibizione a questo. Ci sono 2 approcci:

  1. Allenare la percezione del carico grazie a uno stimolo centrale, atto a influenzare positivamente il S.N.C
  2. Allenare la percezione del carico grazie a uno “stimolo periferico, che miri a ingannare la “periferia”, il corpo (quindi uno stimolo “metabolico”) che crei sensazioni che possono essere relazionate e essere richiamate in altre circostanze.

 

 

ALLENARE LA PERCEZIONE DEL CARICO GRAZIE A UNO STIMOLO CENTRALE

 

Allenare l’ Intensità Percepita “per stimolo sul S.N.C” significa creare un input che possa ingannare il S.N.C, così da ottenere adattamenti neuronali centrali che facilitano l’ alzata; uno stimolo QUALITATIVO, che possa raggirare il set point di base per ottenere di più.

Un esempio concreto. Parliamo ora di Stacco da terra:

  • Prima Onda di lavoro: 75 % 3×4S CON catene pesanti anche solo un 5%-8% dei kg tot. utilizzati.

Terminata ora la prima onda, facciamo un Recupero completo anche di 5 minuti e passiamo alla seconda Onda:

  • Seconda Onda di lavoro: 75% 3×4S SENZA catene.

Abbiamo scaricato qualche kg di catene, kg che gravavano solo nella parte conclusiva dell’alzata, e, nonostante la fatica accumulata nella prima onda, i kg voleranno e  sembreranno  molto più facili di quelli che sarebbero senza catene.

La sensazione che accompagna il sollevamento è molto positiva, la facilità percepita durante il sollevamento è molto maggiore in relazione al carico reale. In altre parole:

 “Il nuovo 75% ora senza catene, “pesa meno” del solito 75%”

 

 

catene

 

 

E’ entrata in atto la disinibizione al carico per stimolo sul S.N.C.

 

Le catene permettono infatti di aumentare i kg sollevati mano a mano che ci avviciniamo alla chiusura dell’ alzata. Permettono un maggior controllo tecnico in basso e, dato che ogni fase è propedeutica alla successiva, una volta che sono entrato correttamente in traiettoria in basso posso spingere di più, e meglio, in alto: ed è solo qui che mi troverò a sollevare più kg, dati appunto dalle catene.

Ora che passo alla seconda Onda, con stessa percentuale di carico, i kg voleranno. Ma questo NON perchè ho tolto i kg che aggiungevano le catene, ma perché l’ impronta motoria centrale dell’ alzata (ovvero il tipo di richiesta per il sistema nervoso-motorio) rimane la stessa.

Per questo, i kg verranno percepiti “più leggeri” rispetto al normale, nonostante la fatica accumulata nelle serie precedenti.

Vorrei citare una mia personale esperienza: esempi diversi ma concetti uguali.

Prendo per un periodo di tempo lezioni di batteria. Mi approccio ai primi ritmi con velocità scandita dal metronomo a circa un 60-70 P.P.M. ed è difficile trovare il ritmo giusto: cosa si fa per imparare a trovare la velocità giusta? cosa posso fare?  Abbassare il ritmo del metronomo per andare più piano?

NO, il contrario: accelerare il metronomo! e quindi cercare di rispettare il BEEP ora più rapido, (con un prevedibile fallimento).  Però ecco la magia. Rallento il metronomo tornando alla velocita iniziale di 60-70 P.P.M.…e la percepisco come “più facile”, come “più fattibile” rispetto al reale 60-70P.P.M:

 

Togliere la “difficolta aggiunta” mi fa percepire più facile il compito di quello che in realtà sarebbe stato.

 

 

squat

 

 

Ecco, questo è ciò che avviene anche con le catene: qualche kg in più in chiusura del movimento, mi faranno percepire in un secondo momento (una volta tolte le catene) la % di carico molto più leggera e fattibile di quello che sarebbe normalmente senza catene, portando a evidenti vantaggi in termini di feeling con il carico in questione. Lo stesso discorso vale anche per le gomme elastiche.

Per concludere vorrei sottolineare che il Back-Off sfrutta un processo “centrale” molto simile a quello appena citato, ma sono due sfumature diverse di uno stesso processo di Post-Attivazione.

Nel caso del Back-Off infatti, dopo aver raggiunto il carico allenante più alto, continuiamo ad allenare diminuendo anche in modo apprezzabile la % di lavoro, mentre nell’esempio sopra citato l’aspetto più importante è togliere la “difficoltà”, per percepire così la stessa % di carico di lavoro come molto più facile e fattibile di quello che di solito è.

Allenare considerando questi aspetti permette stimolare e migliorare il lavoro muscolare, in termini di qualità di contrazione. E apportiamo così vantaggi in termini di Esplosività e  Forza espressa.

 

“Se il carico lo percepisco “più leggero” … è più leggero.”

 

 

 

ALLENARE LA PERCEZIONE DEL CARICO GRAZIE A UNO STIMOLO PERIFERICO

 

 

Una premessa è necessaria: con “periferia” sto parlando di “corpo”: muscoli e sistema cardio vascolare.

Allenare l’ Intensità percepita per stimolo periferico significa creare uno stimolo QUANTITATIVO, atto a migliorare la Percezione del Carico come conseguenza di un input “metabolico”, che faccia sentire che abbiamo lavorato, faticato, sudato, cha faccia alzare i battiti e la frequenza respiratoria.

Il lavoro aerobico cardio-vascolare non si limita solo alla bici, al tapisroulant, al circuito hiit. Un ottimo lavoro cardiovascolare si fa anche coi pesi, e se intelligentemente utilizzato va a migliorare appunto la sensibilità al carico per stimolo su tutto quell’ insieme di parametri che appartengono al campo del “metabolico”.

Un esempio concreto. Parliamo ancora di Stacco da Terra:

  • 75% 2 x 4S serie, con Recupero completo tra le Serie.

Ok, lo so, l’affaticamento dipende molto dal tuo R.M, ma possiamo definire questo tipo di allenamento “non metabolico” dato che il tempo di riposo completo, il numero basso di Ripetizioni (ovvero 2) e la percentuale di lavoro accettabile, rende il tutto piuttosto fattibile.

Consideriamo ora:

  • 75% 2x 4S, con Recupero incompleto tra le Serie (circa 45 secondi):

Cosa succede? Cambia il tipo di stimolo: ovvero l’esercizio è ora “più metabolico”.

 

 

squat

 

 

Usando una terminologia più specifica abbiamo cambiato il “Carico dello Sforzo” – chiamato anche “Intensità dello Sforzo”.

Però in ottica di Intensità Percepita cosa è successo?

A parità di carico, tra i due esempi ciò che cambia è il tipo di lavoro che richiediamo al nostro corpo.

I recuperi parziali permettono di stimolare il corpo, la “periferia” ( i muscoli, i polmoni, il cuore..) ingannando così la “centralina”: si mantiene infatti inalterata la richiesta a livello di S.N.C.

I kg da sollevare infatti sono sempre gli STESSI, ciò che è cambiato è la richiesta cardiovascolare metabolica. L’ Intensità dello Sforzo ha shiftato la priorità verso la componente cardio-aerobica.

A una “Intensità dello Sforzo” maggiore, corrisponde un tempo di Recupero minore-incompleto.

A una “Intensità dello Sforzo” minore, corrisponde un Recupero maggiore-completo.

Ecco, se giochiamo con questi parametri otteniamo una “Intensità percepita” diversa, pur mantenendo i kg invariati, cosi come rimane invariato il compito della nostra centralina: il S.N.C.

Questo regala incredibili benefici nel momento di affrontarci a un sollevamento Massimale.

Saper giocare con l’ “Intensità dello Sforzo” influisce direttamente sulla componente metabolica e sulle relative sensazioni fisiche e emotive soggettive associate al carico.

Ciò che migliora è il feeling con il tuo R.M e le sensazioni che lo accompagnano, dato che queste non creeranno un shock deleterio nel momento di esecuzione. Anzi, saranno GIA’ conosciute e rievocabili.

 

 

squat

 

 

Per capire meglio questo concetto di ”Transfer” a livello di percezione spendibile, faccio due esempi.

1. Un esempio concreto per i “body-builder centrici”:

  • 5 ripetizioni x 3S, con Recuperi parziali di 45-60 secondi” a livello di Intensità Percepita potrebbe essere paragonato con “8 ripetizioni x 3S con recuperi totali tra le serie“.

Ora un esempio concreto per un PowerLifter:

  • SQUAT: 70%, 5ripetizioni x 1 Serie, con tempo di esecuzione di 4” Eccentrica + 3” di Fermo + 4” Concentrica” a livello di Percezione del Carico potrebbe essere paragonato con “SQUAT: 95%, 1 ripetizione“.

 

Come è intuibile se alleno con carichi sub-massimali, con recuperi parziali o con esecuzioni lente, l’ Intensità Percepita è alta, migliorando così l’approccio con il Carico Massimale o peri-massimale. La sensazione nel momento dello Sforzo massimo NON sarà più un’ esperienza nuova, permettendomi così di essere più preparato e predisposto alla prestazione, migliorando il rendimento.

È evidente che il tema della “Percezione del Carico” sia molto, molto interessante, e innegabili sono i vantaggi in termini di sviluppo ipertrofico, di sviluppo di Forza Massimale o di rendimento.

Ti invito a sperimentare quanto qui detto, ad approfondire il tema immergendoti tu stesso nelle “sensazioni che regala il Carico” – quello che io chiamo “meditazione da ripetizione”.

Ne gioverai in termini di presa di coscienza e quindi di qualità di lavoro esprimibile.

Ovviamente, senza dimenticare l’importanza di una TECNICA di ESECUZIONE ottimale e di TENUTA Tecnica solida e costante.

 

Spero di aver apportato il mio granellino di sabbia in questo tema.

 

Buon allenamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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