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IL RUOLO DEGLI ESERCIZI COMPLEMENTARI NELL’ALLENAMENTO DELLA FORZA

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a cura di Alessio Ferlito

In foto: Amerigo Brunetti e Alfredo Tessitore

A seconda della scuola di pensiero di riferimento, il ruolo degli esercizi complementari varia incredibilmente: basti pensare alla scuola americana del West Side, dove i complementari svolgono un ruolo predominante; o alla scuola russa, che pone molta attenzione allo schema motorio, e ancora alla scuola cinese del sollevamento pesi, che utilizza i complementari anche in ottica “bodybuilding” per migliorare la propriocezione degli atleti.

Una cosa è sicura: nella stesura di un programma di allenamento, qualsiasi sia l’obiettivo finale, viene naturale inserire un esercizio base, su cui si vuole migliorare, ed esercizi complementari a questo per riuscire ad ottenere quanti più risultati possibili.

Come scegliere gli esercizi complementari migliori e in base a cosa sceglierli sarà l’argomento della mia lezione al prossimo corso Base FIPL per Istruttori di Powerlifting di primo livello (arrivato alla quinta edizione), ma già da adesso possiamo fare qualche considerazione di massima.

COSA SI INTENDE PER “ESERCIZI COMPLEMENTARI”?

Un esercizio complementare è un esercizio che “comprende elementi del gesto da gara, una sua variante, nonché movimenti essenzialmente simili […] con lo scopo di padroneggiare il movimento primario o per migliorare le qualità fisiche”. La frase appena citata è di L. P. Matveyev, il padre della periodizzazione dell’allenamento, autore di numerosi articoli e del libro “Fundamentals of Sport Training”, testo dal quale ho tratto la citazione.

Esistono moltissime classificazioni degli esercizi di complementari; quella che voglio riportare in questo articolo è quella di Bondarchuk:

  • Esercizi di gara: non credo abbiano bisogno di molte parole, sono gli esercizi che si affronteranno nella competizione;
  • Complementari specifici: replicano il movimento di gara, ne sono una variante o una parte;
  • Esercizi di preparazione specifica: usano la stessa catena cinetica dell’esercizio da gara, ma in modo diverso. I muscoli utilizzati sono gli stessi;
  • Esercizi di preparazione generale: non riguardano strettamente l’esercizio di gara e possono coinvolgere anche altri distretti muscolari.

Prendendo ad esempio la panca piana come esercizio fondamentale troveremo: la board press nel gruppo dei complementari specifici, le parallele tra quelli di preparazione specifica e le trazioni tra quelli del quarto gruppo.

PERCHÈ FARE GLI ESERCIZI COMPLEMENTARI?

Questo credo sia il punto fondamentale. Darò due motivazioni.

Variare è positivo

Il corpo umano si rafforza in base agli stimoli che percepisce, è il principio alla base del SAID (Specific Adaptation to Imposed Demand). Pensate ad un giocatore di tennis: il braccio dominante avrà una densità ossea e una muscolatura maggiore rispetto al braccio non utilizzato. Le tibie di chi pratica muai-thay si irrobustiscono; così fanno muscolatura, tendini e tessuto connettivo di chi si allena con i pesi.

Il tessuto connettivo si dispone lungo le principali linee di forza: questo può provocare, con il passare del tempo, un eccessivo irrigidimento del connettivo stesso e, come conseguenza, la riduzione dell’arco di movimento di un’articolazione.

Metodi di allenamento che vedono un’alta frequenza di esecuzione degli esercizi fondamentali o che prevedono una programmazione incentrata su di essi stressano: non solo a livello fisico ma, soprattutto, a livello mentale.

Un esempio diventato ormai “scolastico”, grazie al mio lavoro di studio sui sollevatori norvegesi, è la programmazione di Carl Yngvar Christensen, atleta di punta della nazionale norvegese di Powerlifting, che svolge le sue 5 “panche settimanali” variando leggermente la presa o introducendo varianti come elastici o catene.

Utilizzare varianti leggere del movimento principale permettere allenamenti con la “testa fresca”, facendo in modo che ogni giorno si vada in palestra con un pensiero diverso dal più demotivante “Anche oggi ho panca!…”, senza però modificare così tanto lo schema motorio da doverne imparare uno nuovo.

Rafforzamento generale

Per definire l’importanza degli esercizi complementari riporterò uno degli esempi più chiari, quello che si trova leggendo “The training of the Weightlifter” di Robert Roman.

Dopo aver analizzato la tecnica dei vari esercizi della pesistica, Roman si dedica alla spiegazione e all’analisi dei metodi allenanti, in particolare focalizzandosi sulla forza e sulla capacità di generarla. In particolare afferma che: “non c’è correlazione tra l’abilità di generare una grande forza e l’abilità di generarla velocemente. Un atleta può avere una grande forza, ma allo stesso tempo può non essere in grado di generarla velocemente.“; e aggiunge: “nel periodo del triathlon (ovvero il periodo precedente al 1970, prima che venisse abolito il press sopra la testa), si potevano spesso vedere atleti molto forti nel press (prima di tutto, un esercizio di forza), ma che non erano in grado di avere alti risultati nello snatch e nel clean&press.”

Facciamo qualche riflessione su questi spunti.

Per prima cosa: durante il periodo del triathlon, leggendo i dati di Roman, i più forti atleti a livello mondiale riuscivano ad eseguire un jerk con una velocità maggiorata di 0.2-0.25 m/s rispetto a quando il press venne eliminato; perciò abbiamo davanti il dato incontrovertibile che un esercizio di “forza generale” avesse effetti più che positivi sulla capacità di generare forza, nonostante quanto affermato sopra, che dovrebbe costituire più un’eccezione che la regola. Inoltre, semplicemente osservando vecchie foto, vediamo che i pesisti del periodo del press aveva una muscolatura molto diversa da quella odierna: erano decisamente più pesanti e muscolosi nell’upper body. Il tempo sotto tensione del press era quindi evidentemente a favore dell’ipertrofia: pur non praticando weightliting, è da notare come i complementari possano contribuire sia all’ipertrofia muscolare che ad una rafforzamento generale.

Il Dottor Yuri Verkhoshansky, intorno agli anni ’60, fu tra i primi ad introdurre il bilanciere nell’allenamento dei saltatori e dei corridori: nel suo “Special Strength Training Manual for coaches” postulò che per migliorare la capacità di generare forza nell’esercizio di competizione, l’esercizio complementare dovesse avere le stesse linee di forza e lo schema motorio quanto più vicino a quello da gara, oltre che coinvolgere lo stesso gruppo di distretti muscolari.

CONCLUSIONI

Non dobbiamo certo soffermarci a questa analisi ed alla classificazione di Bondarchuk, in quanto gli esercizi complementari hanno un ruolo importante anche fuori dal rafforzamento specifico.

Ogni esercizio complementare ha un suo ruolo: tutto dipende dal periodo di condizionamento in cui ci troviamo e, assolutamente, da chi ci troviamo davanti. Gli esercizi complementari hanno moltissime funzioni, come quella di correggere un preciso difetto tecnico o un punto particolarmente carente di un’alzata; sono, in definitiva, “un’arma” importantissima nelle mani degli allenatori che si occupano di training per la forza, certamente da non sottovalutare o relegare “nell’angolo” della preparazione agonistica di un atleta.

Per maggiori info clicca sull’immagine

Vi ricordiamo che Alessio Ferlito sarà tra i docenti di “Building a Strength Trainer” – 5° Corso Base FIPL per Istruttori di Powerlifting insieme a: Gianluca PisanoAntonio ContentaAmerigo BrunettiAndrea Magnaghi e al Dott. Francesco Pelizza.

Per maggiori informazioni cliccare qui


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